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Peggio di Covid: il male che uccide le aziende più del coronavirus

Peggio del Covid

Se ti chiedi quando finirà il coronavirus qui troverai la risposta, ma non ti piacerà.

Ecco le mie considerazioni dal punto di vista imprenditoriale su ciò che abbiamo vissuto: tutto ha radici ben più profonde rispetto a quanto possiamo credere, figlie di un sistema marcio e di pratiche poco vote alla responsabilità.

Siamo sicuri che il problema sia solo il Coronavirus?

Ho deciso di starmene in religioso silenzio in questi mesi di fase 1/2 e di focalizzarmi solo sulla mia azienda, sui clienti, sulla meditazione e su mio figlio.

Ma ora vorrei porti alcune domande da partita IVA a partita IVA, da fratello a fratello.

Solo per tentare di darti il mio contributo, invitarti a riflettere.

Ti anticipo che in ciò che leggerai non ci sono angoli smussati. Si tratta del mio pensiero nudo e crudo che potrebbe urtare la sensibilità dei più.

Andiamo.

Cosa si fa adesso?

Come si affronta questa situazione per non fallire?

Ecco il mio pensiero: acquisisci le giuste informazioni, adotta i giusti strumenti e circondati delle persone giuste. Sembra semplice.

Ma prima di continuare e rivelarti un altro punto di vista sulla faccenda, vorrei partire dall’inizio, dalle basi.

Ammetto che la teoria non piace neanche a me e per questo ti prometto che in questa prima parte sarò quanto più breve possibile e non ti annoierò; tuttavia, è essenziale affinché tu possa comprendere il séguito.

1. Sai che cos’è DAVVERO il mercato?

Il mercato è un luogo (fisico, virtuale, concettuale) in cui avviene uno scambio tra domanda e offerta, tra aziende e clienti. Cioè un luogo in cui ci si scambia un bene, che sia un prodotto o un servizio (merce).

La parola “mercato” deriva dalla parola merce, che a sua volta vuol dire “aiuto”, “grazia”, “pietà”, “grazie a”.

La sua etimologia è il troncamento di mercede, dal latino: merces = “ricompensa”, a sua volta derivante da merere = “guadagnare”, “meritare”.

Il cliente, ovvero colui che acquista, lo fa sulla base della consapevolezza che il venditore meriti i suoi soldi. D’altra parte, è anche fiducioso che a fronte del pagamento si manifesterà la reciprocità, ovvero l’aspetto imprescindibile dello scambio.

Chi fornisce la merce (l’azienda) fa sì che possano esistere le condizioni di questa reciprocità: grazie alla merce il cliente guadagna qualcosa, ottiene un risultato, raggiunge una certa posizione, migliora una certa condizione e così via.

Ecco avvenuto lo scambio.

Ma quando il mercato ti premia?
Solo se hai una merce che risolve problemi o migliora la vita delle persone il mercato ti premia. Anzi, non può fare altro che premiarti.

Che sarebbe un po’ come dire

If you build a better mousetrap but set your home in the woods, the world will beat a path to your door”

Quindi tu hai meritato un profitto e il cliente, nonostante il pagamento, ci ha guadagnato comunque.

È per questo che affermo che il mercato è meritocratico.

Ancora, è sempre per questo che si afferma che “Le persone amano comprare ma odiano che gli si venda qualcosa.”

Dunque, le persone, a prescindere da ciò che succede o influenza il mercato (crisi?), possono decidere – o essere costretti – a rimandare un acquisto, invertire l’ordine delle priorità, ma non smettono certo di cercare, sognare, progettare, alimentare i loro sogni, ascoltare i propri bisogni e pensare al futuro.

Ma cosa può influenzare così tanto il mercato da metterlo in crisi e minacciarne gli equilibri? Per rispondere a questa domanda, vediamo di quali elementi esso si compone.

2. Com’è composto DAVVERO il mercato?

Il mercato è composto da contesti e soggetti che possiamo controllare e da altri che non possiamo né controllare né prevedere.

Contesti e soggetti che possiamo controllare.
Possiamo controllare le nostre aziende, la merce che decidiamo di vendere e le scelte strategiche di Marketing, Finanze, Management e risorse umane.

Verificando periodicamente i punti di forza e di debolezza della nostra azienda, siamo in grado di effettuare una fotografia istantanea del suo stato di salute. Una sorta di analisi del sangue.

I risultati ci donano consapevolezza dei punti di forza reali da sfruttare per raggiungere maggiori obiettivi d’impresa, e dei reali punti di debolezza da sistemare nei tempi opportuni.

Non basta. Questi risultati vanno messi in relazione con i contesti e soggetti incontrollabili.

Contesti e soggetti che non possiamo controllare.
Verificando periodicamente le condizioni esterne all’impresa siamo in grado di analizzare ogni possibile fattore che potrebbe influenzarne l’attività, seppur al di fuori del nostro controllo.

Quando conduciamo analisi, in azienda utilizziamo un modello detto PESTEL per scovare questi fattori incontrollabili. Il modello ci guida obbligandoci a tenere in considerazione, uno per uno, questi fattori:

Fattori politici.
I fattori politici dipendono dal come un governo interviene nell’economia del proprio paese e possono riguardare politiche di governo, stabilità politica o instabilità̀ nei mercati esteri, politiche del commercio estero, politiche di tassazione, diritto del lavoro, politica fiscale, diritto ambientale, restrizioni commerciali e via dicendo.

Per fare un esempio, fenomeni come guerre o più modeste tensioni politiche, portano certamente ricadute su alcuni business, tra cui il turismo.

I fattori politici hanno influenza sul nostro business.

A inizio della fase 1 di quarantena, ed esattamente 19 marzo, postai il messaggio che vedi nella foto seguente.

Senza girarci troppo intorno: siamo stati costretti in casa, portando l’economia di molti al collasso, per non mandare in tilt un sistema sanitario deturpato di risorse e competenze dall’inettitudine politica degli ultimi decenni. I fattori politici hanno influenza sul business, eccome se ne hanno.

Agli inizi della quarantena abbiamo assistito ad un aumento degli acquisti online, dovuto appunto alle misure contenitive e alla limitazione delle uscite. Occasione ghiotta per gli incompetenti dell’online marketing che si sono immediatamente mobilitati nel promuovere servizi digitali (per lo più realizzazione di e-commerce, siti internet gratis e/o pubblicità su Facebook) alle imprese, sotto forma di soluzione definitiva per raggiungere i loro clienti anche (e nonostante) la quarantena.

Chi il Marketing lo fa sul serio, sa perfettamente che in condizioni come quella che stiamo affrontando:

  1. è difficile (se non impossibile) prevedere gli sviluppi di una situazione in appena 40 giorni di tempo;
  2. una tendenza può avere solo due possibili risvolti: si conferma oppure si rivela una moda temporanea;

Vedi, ad esempio, il cambiamento di interesse per l’argomento “spesa online” in appena 30 giorni:

 

Tra l’altro, la situazione andrebbe affrontata con altri strumenti e non sul territorio del Marketing (lo vedremo più avanti).

Fattori economici.

Le scelte e i comportamenti che assumiamo sono influenzati dalla nostra disponibilità̀ economica. Pensiamo ad esempio all’aumento o alla diminuzione del reddito familiare, alla crescita economica nazionale, all’inflazione, ai tassi di cambio. Questi sono tutti fattori che si ripercuotono in qualunque contesto, a prescindere che si tratti di un’azienda, di un cliente, un fornitore, un dipendente o un imprenditore.

Per fare un esempio, in situazioni di scarsità̀ o nelle quali il vincolo di bilancio del singolo individuo si riduce, i primi acquisti ad essere banditi dalla spesa rientrano per la maggiore tra quelli voluttuari.

Fattori sociali.

In questa fase vengono analizzati i fattori socioculturali che riguardano strettamente la popolazione come livello di istruzione, formazione culturale, tasso di natalità̀ e di mortalità̀, distribuzione dell’età, attenzione a salute e benessere, atteggiamenti nei confronti della carriera.

Sono tutte informazioni che il Marketing considera per studiare, conoscere e comprendere ciò che spinge i potenziali clienti di un’attività̀ ad effettuare l’acquisto, come si articola questo stesso acquisto, in quanto tempo si esaurisce, ecc.

Fattori tecnologici.

La tecnologia sia in continua evoluzione e le innovazioni più sostanziali impatto forte sia sul mercato, sia sui prodotti e sul modo in cui questi prodotti/servizi vengono venduti.

I cambiamenti tecnologici sono all’ordine del giorno e provocano turbolenze inaspettate. Risulta difficile anche per gli addetti ai lavori prevedere gli impatti della tecnologia sulla vita di tutti i giorni e sulle iniziative imprenditoriali.

Fattori ambientali.

Inquinamento, materie prime in diminuzione e sostenibilità ambientale sono alcune delle tematiche clou degli ultimi anni e le aziende hanno dovuto adeguarsi a tutto quanto imposto dai governi.

Fattori legali.

Salute e sicurezza, pari opportunità, norme pubblicitarie, diritti e diritti dei consumatori, etichettatura dei prodotti e sicurezza degli stessi. Le aziende devono mantenersi informate e sono tenute a dare atto a quanto stabilito dalle leggi.

A tal proposito inserisco di seguito un’immagine (quasi profetica) di un estratto di un Piano di Marketing che abbiamo realizzato per un’azienda ad Aprile 2019:

Cosa ne facciamo delle analisi sui fattori incontrollabili?

I risultati delle analisi su questi fattori non ci permettono certo di prevedere al 100% i possibili scenari futuri di mercato, ma ci aiutano a smarcarci dalla paralisi di analisi, donandoci consapevolezza delle azioni da attuare per:

  1. riconoscere e cogliere le opportunità;
  2. tenere d’occhio le minacce;
  3. riconoscere e agire in contesti di emergenza.

Come il covid-19 – e il governo – ci sta insegnando, fare previsioni è la cosa che ci riesce meno. Soprattutto e più di tutto, non siamo bravi ad agire e attuare tempestivamente piani B o di emergenza.

Queste informazioni, unite a quelle del primo contesto, ci predispongono ad accogliere le opportunità del mercato, agire d’anticipo sulle minacce in agguato e ad affrontare la crisi.

In definitiva, a preparare il piano per il cambiamento in cui includere obiettivi e tempistiche.

3. Cosa vuol dire DAVVERO crisi?

Crisi vuol dire scelta.

Rappresenta un particolare momento in cui un contesto o un soggetto vengono sottoposti a stress a causa dello squilibrio tra le sollecitazioni ricevute (dai fattori non controllabili) e le risorse a disposizione (i fattori controllabili). Lo stress in questo caso ha una funzione di incoraggiare l’adattamento atto a ristabilire un nuovo equilibrio, di prepararci al cambiamento.

Ogni cambiamento è sempre preceduto dal caos, e “caos” non è sinonimo di disordine.
Il caos è un ordine, una sequenza ben definita ma così piena di variabili da essere imprevedibile.

Il caos è unione tra incertezza (non prevedibile) e capacità di esecuzione (prevedibile).

A questo punto dovrebbe esserti chiaro perché nel business si parla sempre di rischio imprenditoriale. È perché nessuno a questo mondo possiede la sfera di cristallo in grado di prevedere e anticipare ogni fattore che può influenzare il mercato.
Della serie, “tutti hanno un piano finché non ricevono un pugno in faccia”.

Il rischio imprenditoriale non può essere azzerato, ma solo ridotto. E sai come? Acquisendo le giuste informazioni, adottando i giusti strumenti e circondandosi delle persone giuste.

Fattori che ti consentono il più delle volte di prendere le scelte corrette, o che per lo meno abbiano un impatto il meno possibile negativo sulla tua azienda, su di te, sulle persone che ami e di conseguenza sulla società in cui vivi e in cui hai deciso di fare impresa.

Per questo motivo le crisi sono le scelte che, volenti o nolenti, siamo chiamati a fare.

Le persone, le informazioni, la formazione, gli strumenti sono le uniche variabili che impattano sulle nostre competenze. Le accrescono. Le rinforzano.

A loro volta, le competenze sono l’unica cosa che ci permette di accogliere con serenità l’incertezza.

E ora arrivo al punto, al mio pensiero e ai motivi per cui ho deciso di condividerlo. 

Il business non è un gioco per ragazzini

Sono certo che mi perdonerai se da ora in avanti il mio tono si farà più duro e le domande più dirette, ma (ed ecco il motivo principale) per me il business non è un gioco da ragazzini o uno scherzo, e sento il dovere morale di intervenire per contrastare nel mio piccolo le inezie ascoltate negli sproloqui di questi personaggi ibridi (nulla mischiati al niente) che millantano di avere la soluzione definitiva, che sapranno già cosa accadrà, o che – di punto in bianco – hanno messo il piede sull’acceleratore della vendita mascherandola di beneficenza e sacrificando sull’altare del pudore la propria dignità e coerenza.

Prima di entrare nel merito ti confido una cosa: questa gente ha paura ed è presa dal panico. Si ritengono esperti, ma sono i primi a non sapere che cosa fare. Quindi è meglio ostentare falsa conoscenza che starsene in silenzio applicando sul serio nelle proprie aziende le cose che si pretende di insegnare agli altri.

Mi basta una visitina e chiacchierata con questi personaggi e i loro collaboratori, più una controllata su Creditsafe e quanto dico è presto confermato.

I pagliacci torneranno tutti nei loro circhi.

Questo del covid-19 è un periodo di pulizia. Chi ha competenze reali ne uscirà, tutti gli altri chiuderanno o ne usciranno così dissanguati che avranno qualche altro mese di vita.

Ad ogni modo, ecco i principali argomenti su cui sono in disaccordo che, tra l’altro, sono tutti concatenati uno all’altro in una specie di ciclo karmico. E ti accorgerai che alla fine, siamo sempre vittime e carnefici di noi stessi.

Ecco il mio pensiero, racchiuso in 4 punti chiave: A, B, C, D.

A) Non è il momento di vendere, è il momento di aiutare.

Dovrebbe essere chiaro che la missione di aiutare le persone dovrebbe già essere insita nelle motivazioni dell’esistenza della nostra azienda e della nostra merce; altrimenti non abbiamo senso di esistere.

  • Se non vendiamo non generiamo reddito e, tra l’altro, chiudiamo;
  • Se non generiamo reddito non possiamo reinvestire;
  • Se non reinvestiamo non siamo in grado di generare valore;
  • Se non generiamo valore, vuol dire che non stiamo amministrando bene;

Se piace così tanto fare beneficenza avreste fatto meglio ad aprire una onlus.

Ora…

Fare del bene fa sempre bene. Dalla vita non possiamo solo prendere, dobbiamo anche dare. Esistono vari modi di fare beneficenza tramite il proprio Business, come ad esempio:

  • Fornire prestazioni gratuite o semigratuite di beni o servizi;
  • Fornire prodotti gratuitamente a persone bisognose;
  • Devolvere una percentuale dei ricavi a enti o associazioni;
  • Sponsorizzare un evento o un’iniziativa;
  • Contribuire economicamente all’acquisto di un macchinario/strumento;

Impegnarsi in questo tipo di attività non ti porterà di certo un incremento notevole di clienti, piuttosto godrai di alcuni benefici collaterali come l’infusione e l’accrescimento della consapevolezza del tuo Brand e dei suoi valori tra i tuoi clienti e potenziali tali.

Soprattutto, la beneficenza si fa in silenzio.

Svendere o regalare, in nome della beneficenza, un servizio o prodotto, che non abbia nulla a che fare con i bisogni e problemi primari di una persona è un atto così subdolo che mi porta a pensare che:

  1. o sei stupido davvero;
  2. hai un ego smisurato o temi il giudizio degli altri riguardo il tuo silenzio;
  3. ti aspetti – viscidamente – che la gente che “aiuti” ti sarà riconoscente in futuro, magari a pagamento.

Oppure, più semplicemente, sei un mero incompetente.

Quindi mi chiedo, ma tutta la teoria dei vostri corsi di formazione, ora, dov’è? E come sta aiutando le persone?

E se non riesci a vendere a causa della situazione, tranquillo, non ti sto dicendo che devi intervenire sfruttando chissà quale strategia di marketing o di vendita. Continua a leggere e capirai.

B) La politica fa ridere, ma qualcos’altro fa scompisciare.

Se la missione dell’aiutare le persone è insita nel fare impresa, allo stesso modo fare del bene ad un’intera società dovrebbe essere insita nel fare politica.

L’unica cosa che voglio aggiungere, e che tra l’altro mi ha fatto tremare i polsi, è l’aver visto piccoli imprenditori consegnare simbolicamente le chiavi della propria attività alle istituzioni.

Tre cose a proposito:

Uno. Stai tranquillo perché nessuno vuole le chiavi di un vuoto a perdere.
Due. Ma fai sul serio nel consegnare le chiavi di casa tua alle stesse persone che, in questa situazione, ti ci hanno messo?
Tre. Queste persone, a governare, chi le ha messe? E perché?

Se ci si fa un giro tra le bacheche Facebook dei politicanti, rappresentanti di associazioni etc., in carica oppure no (anche tra i profili di quelli che negli anni passati, per un motivo e per un altro, hanno ruotato intorno al mondo politico), è un connubio di proposte e cazzate.

Ma siete seri?

Solo ora fate proposte?

E dove cazzo eravate durante la vostra carica?

Qual è il risultato (output) del vostro operato nel periodo in cui eravate in carica?

Qual è il risultato (output) dell’operato di chi è in carica adesso?

In quanto imprenditore che vende servizi o prodotti in cambio di soldi, io rischio di perdere clienti, contratti e commesse se sbaglio qualcosa. Posso anche andare in contro a penali pesanti. 

Se proviamo a traslare sul governo lo stesso banale ragionamento, io (cittadino-cliente) pago imposte (cessione di credito) per ricevere in cambio dei servizi (trasporti, sanità, educazione etc.).

Ed è qui che siamo arrivati all’assurdo. Non abbiamo più servizi in cambio. Questi incompetenti ne sbagliano una dietro l’altra senza la possibilità di poter pagare le conseguenze delle loro scelte.

Gente che non ha mai amministrato neanche il proprio porcellino in ceramica, che blatera chiacchiere dalla comoda e ipocrita sicurezza di un posto pubblico con uno stipendio fisso che pretende di dare soluzioni alle imprese?

Fa già ridere così, quindi non c’è bisogno che continui vero?

E tu, sul serio, come fai a dargli ancora credito? Come fai a non essere stufo e incazzato nero con loro e poi, soprattutto, con te stesso?

Come avviene in ogni crisi, che ti piaccia o no stiamo pagando le conseguenze dell’adorazione del nulla: delle apparenze, delle incompetenze, dei non contenuti, dei like, dell’inettitudine, della pigrizia, dell’ostentazione di uno status quo che non può esistere perché i numeri in banca dicono altro.

Scrivevo già nel 2017:

Tra l’altro, il governo nazionale – per quante pecche possa avere o per quanti errori stia facendo (un esempio a caso: la gestione dei tempi) – sta comunque attuando misure di aiuto. Ma noi continuiamo a spostare il focus su problemi inesistenti e ad approfittare della situazione quando in passato, noi per primi abbiamo agito in maniera irresponsabile.

La ricchezza va prima creata e solo dopo distribuita.

È la macchina burocratica il vero problema di questa nazione. Macchina creata dalla mala politica da una parte, e – guarda il paradosso – dagli stessi cittadini dall’altra.

Così non c’è via di uscita.

E vien da mordersi i gomiti se si pensa che in fin dei conti, è stata la nostra mancanza di partecipazione a causare – e permettere che accadesse ancora – tutto questo.

C) Non tutti vanno aiutati.

Ora sto per dire la cosa più brutta dell’intero articolo ma anche la più grande verità sacrificata sull’altare del consenso populista.

Non tutti meriterebbero di ricevere aiuti dallo stato, dalle banche o da altri imprenditori.

Mi spiego: cosa accade se ad un fumatore compulsivo malato terminale concediamo di continuare a fumare per alleviare la tensione? Accade che ne aggraviamo le condizioni accelerandone la morte.

Un sacco di imprese italiane erano già con due piedi nella fossa, prima e indipendentemente dalla pandemia. Il covid-19 ne sta accelerando la dipartita.

Che senso ha dare liquidità a questi imprenditori? Non credi che sia inutile e persino controproducente aiutarli a trascinare un morto che cammina? Non credi che, così facendo, potrebbero aggravare maggiormente la loro situazione e quella dell’indotto?

Proviamo a proseguire: cosa accade a questi imprenditori che falliscono? 

Qui sarebbero servite misure da paese civile, nobile, intelligente e DAVVERO vicino agli imprenditori, che li considera come risorse e non come dei soci di minoranza: se un imprenditore fallisce per cause – chiamiamole così – naturali, quindi non perché ha volutamente frodato qualcuno ed è semplicemente stato vittima della sua ignoranza, lo Stato, da buon padre di famiglia, avrebbe dovuto dire:

Caro figlio, ti ringrazio. Ho apprezzato il tuo impegno e la tua voglia di fare, ma così non puoi continuare. Devi chiudere e ricominciare daccapo, con una nuova mentalità e una ben più alta preparazione. Non preoccuparti per la tua famiglia, i dipendenti e i fornitori. Ci penso io. Mentre ti aiuto a ripartire assegnandoti dei consulenti che ti facciano comprendere il modo corretto di fare impresa obbligandoti a studiare, ti garantisco un piccolo reddito per consentirti di pensare alla tua famiglia. Inoltre, mi occuperò anche di ricollocare i tuoi dipendenti e di fornirti strumenti equi di ammortamento per sanare i rapporti con i tuoi fornitori.

È chiaro, questa oggi è solo un’utopia. 

Ma perché? Perché non potrebbe essere così?

La risposta credo sia semplice quanto dolorosa allo stesso tempo: perché persone stupide hanno messo altre persone stupide a governare questo paese.

I politicanti che noi abbiamo votato (o che non abbiamo votato) sono stati scelti per governare questo paese. Scelti per fare politica. Politica è l’arte – o le tecniche – di amministrare e governare uno Sato, una regione, una città, una società.

Quindi, estremizzando al massimo, la politica deve occuparsi di normare una società. Ma a questo punto un’altra domanda fondamentale è: come si fa a normare qualcosa che non si ama?

Non si può.

Per spiegarti al meglio questo meraviglioso concetto mi avvalgo di una magistrale – e disarmante – spiegazione di Mauro Scardovelli:

Ora ho ancora bisogno di chiarirti un paio di concetti.

Quando ti relazioni nella società, che tu sia un dipendente oppure un imprenditore, una cosa che devi imparare a fare è riconoscere gli “ecosistemi” con cui devi interagire.

Sul tuo percorso all’interno di questi “ecosistemi” dovrai relazionarti con due gruppi di persone: gli imprenditori e i loro dipendenti. 

Poi, a seconda di alcuni fattori che dovrai imparare osservare, ciascuno di questi due gruppi può essere ulteriormente scomposto in 2 sottocategorie: persone stupide e persone responsabili.

Primo gruppo: le Persone Stupide.

Sono persone che per definizione arrecano danni a sé stesse a gli altri.

Hanno un livello bassissimo di ambizione e tutto quello a cui tengono è preservare il loro status quo, che vedono minacciato dalla presenza di chi FA, di chi SA, di chi si sbatte per stravolgere l’ordine “naturale” delle cose e vuole vivere come causa e non come effetto.

Riconoscerli non è sempre facile, ma neanche impossibile.

Nel gruppo dei dipendenti, troviamo coloro che vogliono vedersi garantito SOLO uno stipendio con tutti i diritti annessi e connessi; i “9-5 workers”, che creano zizzania e pettegolezzi all’interno dell’ambiente lavorativo tra colleghi, fornitori e nei confronti dei loro titolari.

Quelli che, pur non essendo in grado di saper fare una “O” con un bicchiere, si sentono sempre e comunque in dovere di esprimere la loro opinione sull’operato altrui, quelli del “secondo me”, quelli del buon viso a cattivo gioco, quelli che sarebbe stato meglio fare così o cosà… Peccato che se avessero avuto davvero le idee così chiare e fossero stati davvero così in gamba, avrebbero già ricoperto ruoli ben più di spicco con ricompense ben più laute.

Passando al gruppo degli imprenditori, la differenza sta solo nel possesso di una partita IVA.

Sono quelli che a differenza dei primi hanno avuto il “coraggio” (appunto) di aprire una partita IVA. 

L’hanno aperta NON di certo per costruire un ecosistema migliore dal quale provengono, ma solo per non essere alle dipendenze di nessun organismo e con il desiderio di usufruire della propria azienda al pari di un bancomat automatico: un limone da spremere in totale assenza di consapevolezza delle conseguenze di ciò che questo comporta.

Sono persone che NON sanno – e NON vogliono – distinguere il Marketing dalle Vendite e dalla pubblicità, i benefici a lungo termine dai profitti immediati effimeri. Quelle persone a cui fa comodo prendere in “esame” un parametro insignificante piuttosto che una serie spesso ostica di numeri e fattori, tramite cui avere una visione chiara e riuscire ad affrontare con serenità l’incertezza.

Come quando, per stabilire se sei in salute o meno, controlli solo il tuo peso corporeo: stai dimagrendo (dove il peso è il parametro insignificante) e ti senti appagato e felice grazie all’effetto della serotonina per un “risultato” evidente, “tangibile” e ostensibile. Ed è questo che preferisce questa gente piuttosto che un esame del sangue e degli organi vitali completa. Perché, se qualcosa all’interno del loro organismo non dovesse funzionare, non è loro responsabilità. Piuttosto che adoperarsi per stabilizzare i valori, cambiano medico, nutrizionista, fornitore, collaboratore etc.

Avere un navigatore in questo viaggio chiamato imprenditoria fa paura, perché ti mette davanti al percorso REALE da affrontare e richiede rigore scientifico per superare tutti gli ostacoli presenti sul tragitto. Come se non bastasse, tutto ciò richiede tempo, pazienza e sacrificio… Ma questa categoria di persone aveva solo il desiderio di svincolarsi da regole e direttive di titolari, capi, superiori, mica di sbattersi.

Sono capitani alla guida di una nave senza navigatore, che non vedranno mai per tempo l’iceberg con il quale stanno per scontrarsi, recando danno non solo a sé stessi, ma all’intero equipaggio.

Per questo tipo di persone, le responsabilità e le cause non sono mai da attribuirsi all’interno dell’azienda, ma sempre e solo all’esterno.

E parliamoci chiaro, conosciamo perfettamente le pratiche immorali di queste persone:

  • Sottopagare i propri dipendenti;
  • Chiedergli di restituire cash parte dello stipendio;
  • Spostare un gran numero di voti minacciandoli di votare il personaggio X (con tanto di prova annessa) altrimenti ci saranno gravi ripercussioni;
  • Ri-confezionare un prodotto scaduto con nuova etichetta;
  • Ri-etichettare un prodotto di una sottomarca con una di una marca più famosa;
  • Rivendere come prodotti freschi i resi dei ristoranti o delle pizzerie;
  • Vendere prodotti apparentemente naturali ma che in realtà sono semplicemente surrogati di composti chimici;
  • Approfittarsi e abusare di una situazione passeggera per vendere a un prezzo ingiustificato un bene o prodotto di prima necessità;
  • Etc.

Vogliamo continuare a fare finta di niente? Meritano queste persone di dover essere ancora aiutate?

Secondo gruppo: le Persone Responsabili.

Non mi riferisco SOLO alle persone in grado di assumersi le proprie responsabilità, così come non mi riferisco all’accezione più scontata del termine responsabilità

No. Mi riferisco a quelle persone che hanno sviluppato l’attitudine a rispondere alle situazioni della vita, con consapevolezza e cognizione di causa. Le persone responsabili sono coloro che per definizione ottengono vantaggi per sé stesse MENTRE creano benefici agli altri: clienti, dipendenti, fornitori, collaboratori, famigliari etc.

Nel gruppo dei dipendenti ad esempio, sono coloro che sanno che un beneficio per l’intera azienda, per i colleghi, per i titolari, rappresenta un vantaggio anche per loro stessi.

E quindi non hanno interesse a “mantenere” uno status di cui sanno che la stabilità, in assenza dei corretti presupposti aziendali, attitudini e competenze, è la stessa di una “house of cards”.

Nel gruppo degli imprenditori invece, la responsabilità è ciò che F O N D A M E N T A L M E N T E distingue una persona poco avveduta da una con spirito critico, capacità di osservazione, di lettura e di analisi. Che distingue un Leader da un titolare; un imprenditore da un pagliaccio.

Una Persona Responsabile costruisce rapporti SANI con rispetto ieratico verso gli altri. 

R I S P E T T O.

È ciò che manca agli stupidi.

Uno stupido avrà interesse a confermare solo la sua posizione in maniera inequivocabile, mentre tu parlerai di interessi e vantaggi comuni, efficacia e benefici.

Uno stupido avrà interesse a occuparsi solo di massimizzare i suoi guadagni nel breve termine, mentre tu ti occuperai di sviluppare strategie, relazioni e accordi a lungo termine creando presupposti per ottenere in futuro qualsiasi tipo di risultato.

Uno stupido avrà interesse ad attaccarti professionalmente e personalmente, sabotando ogni tua proposta e cercando di migliorare esclusivamente la sua posizione economica, mentre tu invece attacchi il problema con contenuti e competenze, cercando di migliorare le tue attitudini e quelle delle persone che ti circondano.

Uno stupido non conosce la differenza tra causa e conseguenza.

La causa è il valore che riesci ad acquisire o ad iniettare nel mercato, a prescindere che tu sia un imprenditore, un dipendente, uno studente e così via.

La causa è quanto sei in grado di migliorare la vita delle persone.

La causa è un evento o azione che determina qualcosa; una conseguenza è qualcosa che si verifica come risultato di quella causa.

Se agiamo oppure no, se partecipiamo oppure no, se decidiamo oppure no, qualsiasi cosa decidiamo di fare avrà delle conseguenze e modificherà in modo sostanziale il corso degli eventi e il nostro futuro.

Siamo sempre vittime e carnefici di noi stessi.

D) Il Marketing cambierà ed è ora di diventare digital (?)

No, non è il momento di intervenire sul Marketing.
No, il modo di fare Marketing non cambierà.
No, le automazioni non cancelleranno posti di lavoro.

Il terreno di intervento su cui devono agire gli imprenditori è il loro modello di business, cioè il modo con cui hanno deciso di fare impresa, unito (lo ripeterò fino allo sfinimento) al valore che sono in grado di iniettare nel mercato.

È il corretto modello di business unito alle competenze, che garantisce il raggiungimento degli obiettivi. Il Marketing è solo un facilitatore.

Se il covid-19 muterà l’iter del processo di acquisto dei clienti a cui ti rivolgi, allora dovrai intervenire sul tuo modello di business, non sul marketing. È questo che devi cambiare: capire come e se puoi produrre e garantire il fattore delivery del tuo prodotto-servizio. 

L’unica cosa da fare è quella di rimettersi a studiare. Coinvolgere figure chiave come i commercialisti, e insieme capire come affrontare al meglio la situazione e prendere le scelte corrette.

Se fossi “costretto” a tramandare un solo consiglio a mio figlio, da inseminare nel suo cuore affinché i frutti di questo seme si concretizzino in pensieri, emozioni, comportamenti, azioni e manifestazioni adamantine, sarebbe questo: diventa una Persona Responsabile.

Perché ciò che ieri abbiamo chiamato crisi del 2008 e oggi Coronavirus, domani potrà avere mille altri nomi… Ma resterà pur sempre mancanza di responsabilità – la capacità di rispondere reagendo alla situazione della vita in cui ci si trova.

Ab uno disce omnis.

 

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Alla scoperta del Business Continuity Plan con Stefano Aversa – B2B.

Anteprima media Che cos'è un Business Continuity Plan

Che cos'è un Business Continuity Plan e perché è fondamentale?

Ne ho parlato con Stefano Aversa di AESSE Soluzioni Informatiche Proattive.

Il 99% del nostro lavoro si svolge su mezzi informatici, eppure c'è ancora scarsa attenzione, da parete degli imprenditori, al propio reparto IT aziendale. Scopri insieme a me e a Stefano Aversa che cos'è un Business Continuity Plan per proteggere e mettere al sicuro i tuoi dati.

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Come migliorare o rilanciare un’azienda partendo dai tuoi clienti.

Immagine articolo di blog Come migliorare o rilanciare un’azienda

Come si porta innovazione in un'azienda? Cosa vuol dire davvero fare innovazione?

Tutti che si riempiono di paroloni facendo il più delle volte solo degli sproloqui.

Come si fa ottenere più risultati nel business? Esiste un modo corretto? Perché esistono aziende di successo e aziende destinate a fallire? Cosa possiamo imparare dalla favola "La cicala e la formica"?

Cerco di risponderti nelle prossime righe.

Prima però, mi preme che tu legga questa storia, che sicuramente già conosci.
Ti aiuterà a smontare parecchie cose che probabilmente oggi consideri una legge.

“C’era una volta un’estate calda, e una cicala a cui non piaceva né sudare né far fatica. L’unica cosa che le piaceva fare era cantare tutto il giorno.

Sotto il ramo dell’albero dove stava sdraiata comoda, passava avanti e indietro una formica, tutta indaffarata a portare sulla sua schiena un sacco di cose: pezzetti di cibo, sassolini, legnetti ecc.

La cicala, vedendo quanto era sudata la formica, iniziò a prenderla in giro:
«Vieni quassù con me, signora formica. Fa più fresco e, mentre ti riposi, cantiamo insieme qualche canzone» e, così dicendo, iniziò a cantare.

«Grazie mille per l’invito, signora cicala, ma io sono molto indaffarata a mettere via provviste per l’inverno e a sistemare la mia casetta per proteggermi dal freddo, quando arriverà» e, così dicendo, continuò ad andare avanti e indietro per il prato, indaffarata.

«Ma l’estate è ancora lunga e l’inverno ancora lontano. Non preoccuparti adesso, ci sarà tempo più avanti per mettere via le provviste!», continuò la cicala.

La formica scosse un po’ la testa e continuò imperterrita il suo lavoro, senza più badare alla cicala.

«Fai come vuoi, formica mia. Io intanto mi godo questa meravigliosa giornata standomene qui rilassata a riposare» e la cicala riprese a cantare un’altra canzone.

Ma i giorni e poi i mesi passarono veloci. Arrivò l’inverno, col suo freddo e col suo ghiaccio.La cicala vagava per i campi e i prati arrabattandosi come poteva, recuperando qua e là qualcosa da mangiare e riparandosi dal freddo dove capitava.

Vagando vagando, una sera in cui il buio era sceso molto presto, incontrò una piccola casetta con la finestrella illuminata. La cicala aveva tanta fame e tanto freddo, così bussò alla porta. La porta si aprì ed uscì la formica. Quella era la sua casetta costruita con fatica durante tutta l’estate, dall’interno si sentiva arrivare un bel calduccio e un odorino di cibo molto invitante.

«Buonasera signora cicala, cosa ti porta qui da me?»«Buonasera signora formica», rispose tutta infreddolita la cicala, tremando nel leggero cappottino che aveva addosso. «Ho freddo, ho fame e non ho un tetto dove passare la notte.»

La formica guardò la cicala con compassione.

«Ah signora cicala, come ricordo bene le calde giornate d’estate in cui, mentre io faticavo per metter via provviste e costruirmi una casa, tu, beata sul tuo ramo al fresco e all’ombra, cantavi cantavi e cantavi… Beh, facciamo così: entra, per questa volta ti aiuterò e ti darò da mangiare e un letto per dormire. Tu però prometti che la prossima estate mi aiuterai a far provviste.»

La cicala, imparata la lezione, promise che avrebbe fatto la brava e ringraziò di cuore la formica per l’aiuto.”

Ti ho riproposto questa storia per presentarti due tipologie di imprenditori e di imprese.

Gli imprenditori della prima tipologia si comportano come la cicala. Vivono sugli allori di tempi d’oro, tempi che sono inesorabilmente passati senza che se ne siano resi conto. Definisco le loro imprese “prodotto-centriche”, proprio perché pensano che basti un prodotto che ha funzionato in passato per avere successo oggi e nel futuro.

Qui ci torna utile la morale della favola: chi non fa nulla, non ottiene nulla, per questo bisogna impegnarsi.

Poi abbiamo la seconda tipologia di imprenditori. Sono quelli che si impegnano. Questi ultimi, a differenza dei primi, hanno un approccio “strumento-centrico”. Sanno, cioè, che devono muoversi in qualche modo per dare nuova linfa al proprio business e per questo si concentrano su tutti gli strumenti che il Marketing mette a disposizione (pubblicità, pagina facebook, instagram, promozioni, volantini, annunci radio, sito web “simpatico” e così via).

Il 90% degli imprenditori che si rivolgono alla mia azienda (Rocket Marketing) per una consulenza rientra in questa seconda categoria.

Ma anche fare e impegnarsi, in assenza delle corrette informazioni e dei giusti strumenti, non basta più. Equivale a non fare.

Un prodotto/servizio sviluppato e pubblicizzato senza prendere in considerazione le esigenze del mercato e dei clienti, i punti di forza e debolezza dell’azienda stessa e il comportamento d’acquisto dei consumatori, è un prodotto destinato a fallire.

Ma un prodotto/servizio che fatica a collocarsi fuori da internet, perché dovrebbe avere speranze a collocarsi con internet?

Semplicemente non ne ha.

Dunque, succede che molti imprenditori cadono in errore nel vedere il web marketing – ma più in generale internet – come l’Eldorado che finalmente gli permetteranno di dare nuova linfa al proprio business.

Peccato che così non è, per 3 semplici motivi:

  • Partire dalla pubblicità è sbagliato (Web Marketing / Social Media Marketing / Volantini etc.);
  • La pubblicità amplifica ciò che un’azienda sta già facendo (nel bene o nel male);
  • La pubblicità è il risultato operativo di un piano di Marketing Strategico.

Nel 2018 ho formato più di 1000 imprenditori in tutta Italia, constatando che 9 imprenditori su 10 operano nella totale assenza di:

  • un Piano di Marketing Strategico e Operativo;
  • strumenti tecnologici di misurazione delle performance della propria azienda (analisi, tracciamento del comportamento dei consumatori, gestionali & crm);
  • strumenti di protezione personale e professionale.

Ora, con molta probabilità, ti starai chiedendo perché tutto questo dovrebbe riguardarti e interessarti. Semplice: è questione di cultura. Seguimi.

Un’azienda costruita senza cultura, opera senza valori chiari.

Operare senza avere ben chiari i propri valori, non educa le persone.

Non educare le persone non porta benefici né ai clienti, né ai dipendenti, né ai fornitori.

Se non porti benefici, chiudi.

Se chiudi si perdono posti di lavoro.

Quei posti di lavoro sono occupati da persone con famiglie.

Come vedi è un effetto domino che ti riguarda molto da vicino, a prescindere che tu sia un imprenditore, un lavoratore dipendente o sia senza lavoro. In verità, riguarda tutti noi.

È per questo motivo che fare Marketing è la mia missione su questa terra.

Molti pensano che il Marketing sia solo un’attività promozionale o pubblicitaria. Non per me, non per le mie aziende, non per i miei collaboratori, non per i miei clienti e non per i miei studenti.

Per me il Marketing è un’attività di protezione del business di un imprenditore e di tutte le persone in qualche modo coinvolte (collaboratori, famiglia, fornitori, clienti etc.).

Ne consegue che il Marketing, migliorando le condizioni generali di un’azienda (nei processi, nella scelta dei fornitori, nelle vendite, nei fatturati e così via) agisce di riflesso sulla vita di tutte le persone che hanno a che fare con quell’azienda.

Ogni imprenditore è direttamente responsabile della propria vita e indirettamente della qualità della vita delle persone che hanno deciso di affiancarlo e supportarlo.

È per questo che affermo sempre con orgoglio che il nostro lavoro consiste nel:

“Salvare letteralmente la vita alle persone, aiutandole a CAPITALIZZARE ciò che di buono hanno fatto e fanno ogni giorno.”

E aggiungo:

“Se ognuno avesse a disposizione gli strumenti giusti, se fosse in possesso delle giuste informazioni e se avesse accanto le giuste persone, nessuna impresa sarebbe impossibile.”

Il Marketing sta alla pubblicità come un medico chirurgo sta al suo stetoscopio.

La pubblicità è uno strumento. Ciò che conta è il ragionamento logico fatto per arrivarci.

Prima il Marketing, poi le attività di promozione.

Prima crea ricchezza, poi distribuiscila.

Prima investi, poi capitalizzi.

Attraverso i miei servizi mi rivolgo a imprenditori, manager, liberi professionisti, Startup e Privati, tramite il nostro metodo proprietario chiamato “Identifica. Pianifica. Amplifica.”

Il metodo – appunto – ha l’obiettivo di identificare i punti di forza e debolezza di un business, pianificare le strategia e le tattiche orientate esclusivamente agli obiettivi e, infine, mettere a punto azioni che vadano a proteggere, capitalizzare e amplificare i risultati.

Roccia!

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Come fare impresa per fronteggiare la Crisi e la Concorrenza Sleale.

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Come si fa (o meglio, dovrebbe fare) impresa oggi? C'è futuro per le PMI soprattutto nel Sud Italia?

Se ti aspetti di leggere il classico articolo dove la verità viene espressa con giri di parole per non offendere nessuno, se sei sensibile e poco portato alla verità nuda e cruda, se ti piace esser preso in giro, lascia stare. Questo articolo non è per te!

Se vuoi un’analisi concreta di ciò che vivo tutti i giorni nel mio lavoro, allora seguimi per un attimo, in un noioso ufficio pieno di carte e mansioni da completare in una giornata autunnale del 2008.

Ero lì al pc, tutto concentrato nello stilare una guida per l’utilizzo del nuovo gestionale aziendale destinato al personale dell’azienda per cui lavoravo all’epoca.

Nonostante ci avessi messo tutto l’impegno che potevo per renderlo di facile utilizzo e permettere a tutti di sfruttarne le potenzialità, i dipendenti (dirigenti compresi) che poi avrebbero dovuto utilizzare il software, furono particolarmente restii all’utilizzo di quella nuova tecnologia. Di fatti, impiegammo anni per “mettere a regime” quel software che non fu mai sfruttato a dovere e che comunque non fu mai adottato da tutto il personale.

In pratica era visto più come un fastidio che non come un acceleratore del lavoro. Per loro era molto più comodo utilizzare il vecchio, inaffidabile, ma pur sempre familiare Excel, che non cambiare in meglio. In altre parole quell’azienda riconosciuta sul mercato come innovativa e tecnologica, all’interno faticava a tenere il passo della vera innovazione.

Perché ti parlo di questo episodio? Perché a distanza di quasi 10 anni, le cose ahimè non sono affatto cambiate. Non mi credi? Beh lascia che ti racconti cosa è successo qualche mese fa in Rocket Marketing, la mia azienda specializzata in Marketing e processi d’acquisto dei consumatori.

Rientro in ufficio dopo un incontro con un potenziale cliente, mi siedo alla scrivania per censire nel CRM i suoi dati informativi (le domande e le obiezioni che mi ha posto, i suoi dubbi etc.) e sale in me un incredibile rammarico.

Quei dati preziosissimi, che catalogo per migliorare sia il mio Marketing aziendale sia le trattative di vendita, erano “solo” i dati dell’ennesima azienda a rischio fallimento che non potevo aiutare nell’acquisire nuovi clienti. Anche se molto nota sul territorio, non potevo accettarla come cliente, perché non era, e non è, strutturata per ottenere i giusti risultati dal Marketing.

Il mio lavoro è realizzare piani di Marketing strategici e operativi per le piccole e medie imprese, ma se mancano dei requisiti minimi nell’azienda cliente, il mio lavoro risulta sempre inefficace e non per mia responsabilità.

Quello che voglio trasmetterti è che nonostante siano passati quasi 10 anni da quella mia esperienza da dipendente, nonostante senta spesso paroloni come innovazione, business, eccellenze, qualità, processi etc. nonostante molte aziende godano persino di ottima fama al Nord Italia e all’estero, se analizzassimo in profondità la loro struttura, se le osservassimo al loro interno, ci accorgeremmo immediatamente di come la loro organizzazione sia a dir poco inadeguata alle nuove esigenze di mercato!

Una cosa che ho accertato grazie al mio lavoro è che le imprese del nostro territorio (come per la quasi totalità del Sud Italia) vengono avviate e gestite senza un vero approccio imprenditoriale, con una mentalità vecchia e obsoleta, dove l’imprenditore è in realtà un semplice “Prenditore”.

Che si tratti di una micro, piccola o media impresa, che si tratti di un’attività immobile (bar, ristorante, concessionario, abbigliamento etc.) o che si tratti di un’organizzazione più strutturata (attività di consulenza, produzione industriale etc.), poco importa. Sono per la maggior parte organizzate male e senza alcuna visione strategica.

Tant’è che quando “entriamo” nelle aziende per strutturarle dal punto di vista del Marketing, se non hanno una buona organizzazione interna, automaticamente e inevitabilmente andiamo a sollevare altri problemi.  Considerato che fare Marketing significa proteggere un business e mettere insieme strategie e tattiche – online e offline – finalizzate a ottenere nell’ordine:

  • posizionamento
  • acquisizione clienti
  • fidelizzazione clienti
  • aumento vendite
  • aumento transazioni medie e di conseguenza aumento utili

l’azienda dev’essere necessariamente PRONTA e ORGANIZZATA a “reggere” ciò che il Marketing provoca. Dev’essere in grado di reggere più clienti, più lavoro, più informazioni e più esposizione economica/finanziaria senza alcun problema.

Invece, il più delle volte, ci rendiamo conto che le aziende fanno impresa in totale mancanza degli strumenti di base e dei concetti fondamentali che dovrebbero essere l’ ABC del business odierno.

Ci troviamo di fronte a imprese che operano in totale assenza di:

Informatizzazione aziendale. Ovviamente non sto parlando del pc performante o della suite Office – che il più delle volte è una versione pirata – ma della totale assenza di strutture informatiche atte alla conservazione e preservazione dei dati: sistemi di backup automatici, sistemi di Disaster Recovery, sistemi antivirus, etc. Perché il più delle volte basta che un hard disk collassi oppure che un dipendente “scontento” porti via documenti preziosi a far perdere anni di lavoro (ne ho parlato in maniera approfondita in questo articolo).

Adozione di Software Gestionali e Software CRM. In quasi nessuna delle aziende da cui ho acquistato prodotti o servizi mi sono stati chiesti dati per restare in contatto (nome, telefono e indirizzo email). Da nessuna di queste attività ho mai ricevuto offerte profilate sulle mie abitudini di acquisto. Da nessuna di queste attività ho mai ricevuto aggiornamenti in merito ai successi aziendali, al riassortimento dei prodotti/servizi e non sono mai stato “inseguito” per far sì che riacquistassi i loro prodotti. Ironia della sorte, le stesse aziende si lamentano quotidianamente della “crisi”, della contrazione dei consumi, della GDO, dei massoni, delle banche etc.

Stessa storia quando invece sono consulente per queste aziende. Certo vengo interpellato appositamente per strutturare strategicamente questo tipo di azioni, ma è mai possibile che in tanti anni di attività non ci abbiano mai pensato? È possibile che non abbiano in casa dati che valgono Oro:

  • demografica media del target ideale
  • spesa minima, media e massima per cliente, in media e per periodi
  • segmentazione dei clienti
  • abitudini di acquisto
  • problemi maggiormente lamentati
  • obiezioni più frequenti esposte
  • database contatti (nome, cognome, telefono, email etc.)
  • prodotti o servizi di maggior interesse
  • prodotti o servizi più venduti
  • prodotti o servizi meno venduti
  • prodotti o servizi meno popolari
  • prodotti o servizi con più margini
  • costo di acquisizione cliente
  • costo di acquisizione lead
  • costo per vendita
  • costo per azione

e potrei continuare all’infinito.

Processi aziendali. Quasi mai esistono procedure e protocolli standard da seguire per ogni singolo ambito aziendale, dalla vendita alla contabilità, dalla produzione al rapporto con i clienti. È tutto affidato all’ispirazione e all’umore dell’imprenditore di turno. Sai invece qual è il vero compito di ogni imprenditore che si rispetti? È quello di diventare inutile alla propria organizzazione!

Sembra un concetto paradossale, ma in realtà non lo è. L’unico vero obiettivo di un Imprenditore è quello di rendere “automatica” l’azienda, affinché possa essere produttiva anche in sua assenza, in alternativa si è solo un dipendente che si fa carico di rischi e se tutto va bene beneficia degli utili. Avere dei protocolli e delle procedure standard permette di accelerare il processo di adattamento di ogni nuovo dipendente e di non essere dipendente da nessun dipendente, perdona il gioco di parole. Una delle più comuni lamentele che sento dai miei clienti è la classica frase “Se manco io sai cosa succede qui dentro?!”. Mi dispiace dirlo, ma non è così che si gestisce un’azienda. Ti basti sapere che i sociologi hanno individuato due nuovi tipi di “schiavi”, i primi sono i possessori di partita Iva, i secondi te li rivelo tra qualche riga.

Politiche di assunzione. Il più delle volte ci accorgiamo che per la selezione del personale c’è solo il titolare oppure una persona completamente incompetente su tematiche quali psicologia del lavoro, attitudini relazionali e comunicazione. Per non parlare di quei casi in cui si assume solo per favoritismi. Hai mai pensato che in questi casi il problema è che il favore lo si sta facendo solo ed esclusivamente a chi “succhierà” uno stipendio, senza portare vero valore in cambio né all’imprenditore, né ai suoi collaboratori, né alla sua azienda. La teoria dovrebbe essere assumere persone più intelligenti e preparate dell’imprenditore stesso in aree specifiche e lasciare che siano loro a indicare e mettere in atto tattiche per migliorare l’andamento dell’azienda. Se invece rimangono semplici esecutori, senza autonomia e budget decisionali, che senso ha assumerli?

È normale poi che quando attraverso la globalizzazione, il marketing, la rete, arrivi un’azienda appena più strutturata (credimi basta davvero pochissimo) questa faccia terra bruciata ed elimini dal mercato anche aziende storiche.

Politiche di carriera. I secondi tipi di schiavi sono i dipendenti. Se sei un imprenditore (anche se non lo sei non fa nessuna differenza), probabilmente ricorderai i motivi che ti hanno spinto ad aprire la tua azienda, a metterti in proprio e a rischiare il tuo denaro. Uno dei motivi principali che solitamente accomuna tutti noi imprenditori e che ci ha spinto a “metterci in proprio” è stato quello di voler realizzare un sogno, il proprio unico e irripetibile sogno, non quello di qualcun altro. Se diamo per assunto che tutti gli esseri umani non siano automi lobotomizzati oppure limoni da spremere e sfruttare, cosa ti fa credere che gli stimoli che tu abbia provato all’epoca non possono essere provati anche dai tuoi collaboratori?

Un ambiente di lavoro non può essere ostile, non può sembrare una prigione in cui barattare il proprio tempo in cambio di uno stipendio fisso. Un ambiente di lavoro produttivo deve necessariamente possedere alcune caratteristiche fondamentali, come ad esempio (fattori basati sulla ricerca della Resume Professional Writers):

Ambiente positivo: un’ambiente rilassato aiuta a creare sinergie positive e innescare un processo di crescita efficiente del lavoro. In un contesto di questo tipo, i colleghi ridono e parlano mentre lavorano. (La conosci la storia della formica produttiva e felice?)

Comunicazione chiara: una buona comunicazione è alla base di tutto nella vita. È mai possibile che ho vissuto situazioni in cui dovevo avere l’ansia nel dover chiedere un giorno di ferie o un paio di ore di permesso?

Basso ricambio dello staff: un basso ricambio dello staff è sinonimo di dipendenti che hanno un buon rapporto con il proprio luogo di lavoro, e ciò significa che non avvertono la necessità di cambiare luogo e formano legami di fiducia stabili e duraturi.

Opportunità di crescita: ciò che mi spinse ad aprire la mia attività licenziandomi fu la consapevolezza che se fossi rimasto lì dov’ero non avrei fatto un solo passo in più nel mio percorso professionale. Oggi spendo un’enormità di denaro in formazione, libri, webinar, corsi specializzanti etc. per me e per i miei collaboratori, ed è tutto protocollato. Ma sarebbe una grossa perdita per la nostra agenzia se solo una delle risorse dovesse andare via. Perché anche se assumessi una nuova persona e questa trovasse tutte le procedure da seguire per non sbagliare, i corsi già pronti e catalogati, non avrebbe comunque l’esperienza accumulata da chi è andato via. È una perdita che nessuna azienda dovrebbe permettersi ed io faccio di tutto perché questo non accada nella mia agenzia.

Per farti un esempio concreto all’interno di Rocket Marketing, oltre a non avere orari di lavoro (si lavora per obiettivi e scadenze e ognuno gestisce in autonomia il proprio tempo), abbiamo un percorso di crescita che consiste nel cedere ai miei collaboratori, a raggiungimento di un certo fatturato, delle quote societarie. Spero tu possa comprendere come sia tutto collegato: più loro si impegnano, più risultati riusciamo a dare ai nostri clienti. Più i nostri clienti ottengono risultati, più ci sono fedeli e ci sponsorizzano. Più clienti acquisiamo e più fatturiamo. Più fatturiamo e più utili saranno divisi tra tutti i componenti della squadra. Un circolo virtuoso che non ha mai fine! Questo non fa altro che creare un agonismo positivo che aiuta sia in termini di rendimento che di soddisfazione personale. Infatti ai miei collaboratori vengono costantemente attribuiti compiti, competenze e responsabilità maggiori andando ad innalzare le loro abilità e di conseguenza quelle dell’azienda intera. Guarda caso non c’è mai bisogno di chiedere a nessuno di loro di fare “straordinari” e di anticipare l’ingresso in ufficio…è tutto automatico e naturale!

Non sto dicendo che tutte le aziende siano nelle condizioni di fare la stessa cosa, ma sono sicuro che con un minimo di ragionamento ogni azienda possa pianificare incentivi alla crescita. Non vanno fidelizzati solo i clienti, ma anche e soprattutto le risorse interne.

Ho garanzie che i collaboratori di oggi rimangano sempre con me? Assolutamente no, ma almeno avrò contribuito a introdurre valore nel mercato dandolo alle persone. Inoltre ho un sistema di “selezione del personale” che si basa sulle attitudini della persona, non sulle sue competenze (quelle si acquisiscono nel giro di qualche mese grazie ai protocolli) o sulle sue raccomandazioni (non devo favori a nessuno).

Supporto tra colleghi e zero pettegolezzi. Sono sempre stato un convinto sostenitore del fatto che un ambiente di lavoro sereno e privo di invidia e pettegolezzi renda più performante l’azienda. Numerosissime ricerche infatti sostengono che avere degli impiegati felici migliori le attività di un’azienda:

  • chi lavora in un ambiente positivo prende 10 volte meno giorni di malattia rispetto ai colleghi stressati;
  • raggiunge il 12% di produttività in più;
  • aumenta la sana competizione aziendale del 20%.

Pianificazione. Per generare reali profitti, ogni azienda, deve avere 3 caratteristiche imprescindibili:

1. Un buon Marketing;

2. Una giusta soluzione per un problema specifico (il prodotto/servizio);

3. Un’ottima gestione finanziaria.

Ognuna di queste caratteristiche richiede una pianificazione meticolosa. Un imprenditore che riesca a possedere le competenze per generare ognuna di queste caratteristiche, con grossa probabilità, non esiste. Nessuno al mondo ha mai avuto e potrà mai aver successo esclusivamente da solo, senza l’aiuto di nessun altro. I Tuttologi sono esseri mitologici che non trovano riscontro nella realtà. Ogni azienda ha sempre la necessità di trovare qualcuno che curi quegli aspetti in cui è carente. È per questo che, prima di avviare un progetto imprenditoriale, è necessario chiedersi in cosa si è bravi e cercare qualcuno che sia bravo in quello che non si sa fare. Se non fai Marketing, non trovi clienti. Se non trovi clienti, non puoi vendere. Se non gestisci correttamente le tue finanze, non generi marginalità da reinvestire e di conseguenza non puoi fare Marketing.

Nel frattempo la concorrenza ti supera… tutto ciò dando comunque per assodato che di base si abbia un buon prodotto o un buon servizio.

Considera sempre che anche nel caso in cui si possieda qualcosa che la gente sia disposta a comprare pur di risolvere un problema o soddisfare un bisogno, quando la concorrenza è agguerrita e non si fa marketing, i clienti hanno come unico ed esclusivo metro di paragone il prezzo. Finiscono sempre per paragonare “mele con le mele” e se pur si possieda il prodotto/servizio migliore i clienti penseranno che si ha di fronte la stessa cosa che ha la concorrenza. Non è colpa della crisi, non è colpa del cliente… è colpa del fatto che non si siano fornite le giuste motivazioni di acquisto al cliente.

Per questo un buon Piano di Marketing (ne ho parlato qui) si pianifica in questi punti:

  • Analisi di mercato
  • Analisi del target
  • Progettazione del Brand e definizione del posizionamento aziendale
  • Progettazione della Strategia
  • Misurazione e ottimizzazione

Quindi se il marketing è vendita nel senso più puro del termine pianificarlo in maniera corretta genera un aumento del fatturato e degli utili aziendali.

Pianificarlo in maniera corretta significa anche non truffare le persone con un prodotto che promette  un risultato che in realtà non dà.

Ovviamente bisogna far sì che l’aspetto finanziario venga anch’esso pianificato e gestito in maniera corretta, altrimenti si rischia che i risultati ottenuti con il marketing si ritorcano contro l’azienda stessa. Purtroppo per far questo il classico commercialista, non basta più. Non basta saper far di conto e assolvere agli adempimenti fiscali. È necessario affidarsi ad un consulente finanziario che possa prevedere reali scenari di sviluppo economico, oltre che controllare l’andamento finanziario dell’attività. Di fatti una buona pianificazione finanziaria deve essere in grado di dare certezze sul futuro di un’azienda. Deve poter rispondere ad alcune domande specifiche, come ad esempio:

  • Con gli attuali incassi e gli attuali costi qual è il futuro aziendale?
  • Se un pagamento dovesse “saltare”, che cosa succede nell’immediato e nel medio periodo ai miei flussi di cassa?
  • Come è corretto pianificare e programmare i pagamenti per consentire una sana gestione ordinaria dell’azienda?
  • Quali sono i fattori determinanti dei flussi di cassa?
  • Con la redditività attuale, come possono essere programmati nuovi investimenti?
  • Etc.

Come vedi ognuno di questi aspetti è fondamentale per una buona pianificazione strategica aziendale. Tornando ora al discorso iniziale, dopo averti mostrato quella che è la realtà che vivo quotidianamente, alla domanda sul futuro delle PMI la mia risposta può essere solo una: Non c’è futuro per le Piccole e Mediocri aziende italiane.

Né al sud Italia né tantomeno al Nord Italia o all’estero.

Il futuro oggi è solo in mano a chi conosce i suoi limiti e lavora per superarli. A chi conosce le sue carenze e si forma per colmarle. Ma non fraintendere, non voglio fare terrorismo psicologico infondato. Purtroppo le mie parole non sono solo avallate dalla mia esperienza personale, ma anche da studi ben più autorevoli di ciò che posso raccontarti personalmente.

La direzione che il nostro Paese sta prendendo è disastrosa, almeno secondo lo studio dello Statistical Yearbook 2017 di Eurostat (che ti invito caldamente a scaricare e leggere, ecco il link). In Europa l’Italia è un paese che cresce pochissimo, sembra quasi in declino. E il problema più grosso in Italia è il mezzogiorno, di cui nessuno parla più. Scarica lo studio e fatti una tua personale idea sull’argomento.

Sembra che l’Italia sia il fanalino di coda dell’Europa, ma del resto di che stupirci, la nostra classe imprenditoriale preferisce “comandare” invece che formarsi, preferisce controllare maniacalmente invece che delegare sapientemente.

Per le imprese che sono piccole negli intenti e nella visione, imprese dove vige la mediocrità e non la meritocrazia, non c’è futuro!

E la tua impresa invece, com’è messa? Fammelo sapere nei commenti.

Roccia!