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Peggio di Covid: il male che uccide le aziende più del coronavirus

Peggio del Covid

Se ti chiedi quando finirà il coronavirus qui troverai la risposta, ma non ti piacerà.

Ecco le mie considerazioni dal punto di vista imprenditoriale su ciò che abbiamo vissuto: tutto ha radici ben più profonde rispetto a quanto possiamo credere, figlie di un sistema marcio e di pratiche poco vote alla responsabilità.

Siamo sicuri che il problema sia solo il Coronavirus?

Ho deciso di starmene in religioso silenzio in questi mesi di fase 1/2 e di focalizzarmi solo sulla mia azienda, sui clienti, sulla meditazione e su mio figlio.

Ma ora vorrei porti alcune domande da partita IVA a partita IVA, da fratello a fratello.

Solo per tentare di darti il mio contributo, invitarti a riflettere.

Ti anticipo che in ciò che leggerai non ci sono angoli smussati. Si tratta del mio pensiero nudo e crudo che potrebbe urtare la sensibilità dei più.

Andiamo.

Cosa si fa adesso?

Come si affronta questa situazione per non fallire?

Ecco il mio pensiero: acquisisci le giuste informazioni, adotta i giusti strumenti e circondati delle persone giuste. Sembra semplice.

Ma prima di continuare e rivelarti un altro punto di vista sulla faccenda, vorrei partire dall’inizio, dalle basi.

Ammetto che la teoria non piace neanche a me e per questo ti prometto che in questa prima parte sarò quanto più breve possibile e non ti annoierò; tuttavia, è essenziale affinché tu possa comprendere il séguito.

1. Sai che cos’è DAVVERO il mercato?

Il mercato è un luogo (fisico, virtuale, concettuale) in cui avviene uno scambio tra domanda e offerta, tra aziende e clienti. Cioè un luogo in cui ci si scambia un bene, che sia un prodotto o un servizio (merce).

La parola “mercato” deriva dalla parola merce, che a sua volta vuol dire “aiuto”, “grazia”, “pietà”, “grazie a”.

La sua etimologia è il troncamento di mercede, dal latino: merces = “ricompensa”, a sua volta derivante da merere = “guadagnare”, “meritare”.

Il cliente, ovvero colui che acquista, lo fa sulla base della consapevolezza che il venditore meriti i suoi soldi. D’altra parte, è anche fiducioso che a fronte del pagamento si manifesterà la reciprocità, ovvero l’aspetto imprescindibile dello scambio.

Chi fornisce la merce (l’azienda) fa sì che possano esistere le condizioni di questa reciprocità: grazie alla merce il cliente guadagna qualcosa, ottiene un risultato, raggiunge una certa posizione, migliora una certa condizione e così via.

Ecco avvenuto lo scambio.

Ma quando il mercato ti premia?
Solo se hai una merce che risolve problemi o migliora la vita delle persone il mercato ti premia. Anzi, non può fare altro che premiarti.

Che sarebbe un po’ come dire

If you build a better mousetrap but set your home in the woods, the world will beat a path to your door”

Quindi tu hai meritato un profitto e il cliente, nonostante il pagamento, ci ha guadagnato comunque.

È per questo che affermo che il mercato è meritocratico.

Ancora, è sempre per questo che si afferma che “Le persone amano comprare ma odiano che gli si venda qualcosa.”

Dunque, le persone, a prescindere da ciò che succede o influenza il mercato (crisi?), possono decidere – o essere costretti – a rimandare un acquisto, invertire l’ordine delle priorità, ma non smettono certo di cercare, sognare, progettare, alimentare i loro sogni, ascoltare i propri bisogni e pensare al futuro.

Ma cosa può influenzare così tanto il mercato da metterlo in crisi e minacciarne gli equilibri? Per rispondere a questa domanda, vediamo di quali elementi esso si compone.

2. Com’è composto DAVVERO il mercato?

Il mercato è composto da contesti e soggetti che possiamo controllare e da altri che non possiamo né controllare né prevedere.

Contesti e soggetti che possiamo controllare.
Possiamo controllare le nostre aziende, la merce che decidiamo di vendere e le scelte strategiche di Marketing, Finanze, Management e risorse umane.

Verificando periodicamente i punti di forza e di debolezza della nostra azienda, siamo in grado di effettuare una fotografia istantanea del suo stato di salute. Una sorta di analisi del sangue.

I risultati ci donano consapevolezza dei punti di forza reali da sfruttare per raggiungere maggiori obiettivi d’impresa, e dei reali punti di debolezza da sistemare nei tempi opportuni.

Non basta. Questi risultati vanno messi in relazione con i contesti e soggetti incontrollabili.

Contesti e soggetti che non possiamo controllare.
Verificando periodicamente le condizioni esterne all’impresa siamo in grado di analizzare ogni possibile fattore che potrebbe influenzarne l’attività, seppur al di fuori del nostro controllo.

Quando conduciamo analisi, in azienda utilizziamo un modello detto PESTEL per scovare questi fattori incontrollabili. Il modello ci guida obbligandoci a tenere in considerazione, uno per uno, questi fattori:

Fattori politici.
I fattori politici dipendono dal come un governo interviene nell’economia del proprio paese e possono riguardare politiche di governo, stabilità politica o instabilità̀ nei mercati esteri, politiche del commercio estero, politiche di tassazione, diritto del lavoro, politica fiscale, diritto ambientale, restrizioni commerciali e via dicendo.

Per fare un esempio, fenomeni come guerre o più modeste tensioni politiche, portano certamente ricadute su alcuni business, tra cui il turismo.

I fattori politici hanno influenza sul nostro business.

A inizio della fase 1 di quarantena, ed esattamente 19 marzo, postai il messaggio che vedi nella foto seguente.

Senza girarci troppo intorno: siamo stati costretti in casa, portando l’economia di molti al collasso, per non mandare in tilt un sistema sanitario deturpato di risorse e competenze dall’inettitudine politica degli ultimi decenni. I fattori politici hanno influenza sul business, eccome se ne hanno.

Agli inizi della quarantena abbiamo assistito ad un aumento degli acquisti online, dovuto appunto alle misure contenitive e alla limitazione delle uscite. Occasione ghiotta per gli incompetenti dell’online marketing che si sono immediatamente mobilitati nel promuovere servizi digitali (per lo più realizzazione di e-commerce, siti internet gratis e/o pubblicità su Facebook) alle imprese, sotto forma di soluzione definitiva per raggiungere i loro clienti anche (e nonostante) la quarantena.

Chi il Marketing lo fa sul serio, sa perfettamente che in condizioni come quella che stiamo affrontando:

  1. è difficile (se non impossibile) prevedere gli sviluppi di una situazione in appena 40 giorni di tempo;
  2. una tendenza può avere solo due possibili risvolti: si conferma oppure si rivela una moda temporanea;

Vedi, ad esempio, il cambiamento di interesse per l’argomento “spesa online” in appena 30 giorni:

 

Tra l’altro, la situazione andrebbe affrontata con altri strumenti e non sul territorio del Marketing (lo vedremo più avanti).

Fattori economici.

Le scelte e i comportamenti che assumiamo sono influenzati dalla nostra disponibilità̀ economica. Pensiamo ad esempio all’aumento o alla diminuzione del reddito familiare, alla crescita economica nazionale, all’inflazione, ai tassi di cambio. Questi sono tutti fattori che si ripercuotono in qualunque contesto, a prescindere che si tratti di un’azienda, di un cliente, un fornitore, un dipendente o un imprenditore.

Per fare un esempio, in situazioni di scarsità̀ o nelle quali il vincolo di bilancio del singolo individuo si riduce, i primi acquisti ad essere banditi dalla spesa rientrano per la maggiore tra quelli voluttuari.

Fattori sociali.

In questa fase vengono analizzati i fattori socioculturali che riguardano strettamente la popolazione come livello di istruzione, formazione culturale, tasso di natalità̀ e di mortalità̀, distribuzione dell’età, attenzione a salute e benessere, atteggiamenti nei confronti della carriera.

Sono tutte informazioni che il Marketing considera per studiare, conoscere e comprendere ciò che spinge i potenziali clienti di un’attività̀ ad effettuare l’acquisto, come si articola questo stesso acquisto, in quanto tempo si esaurisce, ecc.

Fattori tecnologici.

La tecnologia sia in continua evoluzione e le innovazioni più sostanziali impatto forte sia sul mercato, sia sui prodotti e sul modo in cui questi prodotti/servizi vengono venduti.

I cambiamenti tecnologici sono all’ordine del giorno e provocano turbolenze inaspettate. Risulta difficile anche per gli addetti ai lavori prevedere gli impatti della tecnologia sulla vita di tutti i giorni e sulle iniziative imprenditoriali.

Fattori ambientali.

Inquinamento, materie prime in diminuzione e sostenibilità ambientale sono alcune delle tematiche clou degli ultimi anni e le aziende hanno dovuto adeguarsi a tutto quanto imposto dai governi.

Fattori legali.

Salute e sicurezza, pari opportunità, norme pubblicitarie, diritti e diritti dei consumatori, etichettatura dei prodotti e sicurezza degli stessi. Le aziende devono mantenersi informate e sono tenute a dare atto a quanto stabilito dalle leggi.

A tal proposito inserisco di seguito un’immagine (quasi profetica) di un estratto di un Piano di Marketing che abbiamo realizzato per un’azienda ad Aprile 2019:

Cosa ne facciamo delle analisi sui fattori incontrollabili?

I risultati delle analisi su questi fattori non ci permettono certo di prevedere al 100% i possibili scenari futuri di mercato, ma ci aiutano a smarcarci dalla paralisi di analisi, donandoci consapevolezza delle azioni da attuare per:

  1. riconoscere e cogliere le opportunità;
  2. tenere d’occhio le minacce;
  3. riconoscere e agire in contesti di emergenza.

Come il covid-19 – e il governo – ci sta insegnando, fare previsioni è la cosa che ci riesce meno. Soprattutto e più di tutto, non siamo bravi ad agire e attuare tempestivamente piani B o di emergenza.

Queste informazioni, unite a quelle del primo contesto, ci predispongono ad accogliere le opportunità del mercato, agire d’anticipo sulle minacce in agguato e ad affrontare la crisi.

In definitiva, a preparare il piano per il cambiamento in cui includere obiettivi e tempistiche.

3. Cosa vuol dire DAVVERO crisi?

Crisi vuol dire scelta.

Rappresenta un particolare momento in cui un contesto o un soggetto vengono sottoposti a stress a causa dello squilibrio tra le sollecitazioni ricevute (dai fattori non controllabili) e le risorse a disposizione (i fattori controllabili). Lo stress in questo caso ha una funzione di incoraggiare l’adattamento atto a ristabilire un nuovo equilibrio, di prepararci al cambiamento.

Ogni cambiamento è sempre preceduto dal caos, e “caos” non è sinonimo di disordine.
Il caos è un ordine, una sequenza ben definita ma così piena di variabili da essere imprevedibile.

Il caos è unione tra incertezza (non prevedibile) e capacità di esecuzione (prevedibile).

A questo punto dovrebbe esserti chiaro perché nel business si parla sempre di rischio imprenditoriale. È perché nessuno a questo mondo possiede la sfera di cristallo in grado di prevedere e anticipare ogni fattore che può influenzare il mercato.
Della serie, “tutti hanno un piano finché non ricevono un pugno in faccia”.

Il rischio imprenditoriale non può essere azzerato, ma solo ridotto. E sai come? Acquisendo le giuste informazioni, adottando i giusti strumenti e circondandosi delle persone giuste.

Fattori che ti consentono il più delle volte di prendere le scelte corrette, o che per lo meno abbiano un impatto il meno possibile negativo sulla tua azienda, su di te, sulle persone che ami e di conseguenza sulla società in cui vivi e in cui hai deciso di fare impresa.

Per questo motivo le crisi sono le scelte che, volenti o nolenti, siamo chiamati a fare.

Le persone, le informazioni, la formazione, gli strumenti sono le uniche variabili che impattano sulle nostre competenze. Le accrescono. Le rinforzano.

A loro volta, le competenze sono l’unica cosa che ci permette di accogliere con serenità l’incertezza.

E ora arrivo al punto, al mio pensiero e ai motivi per cui ho deciso di condividerlo. 

Il business non è un gioco per ragazzini

Sono certo che mi perdonerai se da ora in avanti il mio tono si farà più duro e le domande più dirette, ma (ed ecco il motivo principale) per me il business non è un gioco da ragazzini o uno scherzo, e sento il dovere morale di intervenire per contrastare nel mio piccolo le inezie ascoltate negli sproloqui di questi personaggi ibridi (nulla mischiati al niente) che millantano di avere la soluzione definitiva, che sapranno già cosa accadrà, o che – di punto in bianco – hanno messo il piede sull’acceleratore della vendita mascherandola di beneficenza e sacrificando sull’altare del pudore la propria dignità e coerenza.

Prima di entrare nel merito ti confido una cosa: questa gente ha paura ed è presa dal panico. Si ritengono esperti, ma sono i primi a non sapere che cosa fare. Quindi è meglio ostentare falsa conoscenza che starsene in silenzio applicando sul serio nelle proprie aziende le cose che si pretende di insegnare agli altri.

Mi basta una visitina e chiacchierata con questi personaggi e i loro collaboratori, più una controllata su Creditsafe e quanto dico è presto confermato.

I pagliacci torneranno tutti nei loro circhi.

Questo del covid-19 è un periodo di pulizia. Chi ha competenze reali ne uscirà, tutti gli altri chiuderanno o ne usciranno così dissanguati che avranno qualche altro mese di vita.

Ad ogni modo, ecco i principali argomenti su cui sono in disaccordo che, tra l’altro, sono tutti concatenati uno all’altro in una specie di ciclo karmico. E ti accorgerai che alla fine, siamo sempre vittime e carnefici di noi stessi.

Ecco il mio pensiero, racchiuso in 4 punti chiave: A, B, C, D.

A) Non è il momento di vendere, è il momento di aiutare.

Dovrebbe essere chiaro che la missione di aiutare le persone dovrebbe già essere insita nelle motivazioni dell’esistenza della nostra azienda e della nostra merce; altrimenti non abbiamo senso di esistere.

  • Se non vendiamo non generiamo reddito e, tra l’altro, chiudiamo;
  • Se non generiamo reddito non possiamo reinvestire;
  • Se non reinvestiamo non siamo in grado di generare valore;
  • Se non generiamo valore, vuol dire che non stiamo amministrando bene;

Se piace così tanto fare beneficenza avreste fatto meglio ad aprire una onlus.

Ora…

Fare del bene fa sempre bene. Dalla vita non possiamo solo prendere, dobbiamo anche dare. Esistono vari modi di fare beneficenza tramite il proprio Business, come ad esempio:

  • Fornire prestazioni gratuite o semigratuite di beni o servizi;
  • Fornire prodotti gratuitamente a persone bisognose;
  • Devolvere una percentuale dei ricavi a enti o associazioni;
  • Sponsorizzare un evento o un’iniziativa;
  • Contribuire economicamente all’acquisto di un macchinario/strumento;

Impegnarsi in questo tipo di attività non ti porterà di certo un incremento notevole di clienti, piuttosto godrai di alcuni benefici collaterali come l’infusione e l’accrescimento della consapevolezza del tuo Brand e dei suoi valori tra i tuoi clienti e potenziali tali.

Soprattutto, la beneficenza si fa in silenzio.

Svendere o regalare, in nome della beneficenza, un servizio o prodotto, che non abbia nulla a che fare con i bisogni e problemi primari di una persona è un atto così subdolo che mi porta a pensare che:

  1. o sei stupido davvero;
  2. hai un ego smisurato o temi il giudizio degli altri riguardo il tuo silenzio;
  3. ti aspetti – viscidamente – che la gente che “aiuti” ti sarà riconoscente in futuro, magari a pagamento.

Oppure, più semplicemente, sei un mero incompetente.

Quindi mi chiedo, ma tutta la teoria dei vostri corsi di formazione, ora, dov’è? E come sta aiutando le persone?

E se non riesci a vendere a causa della situazione, tranquillo, non ti sto dicendo che devi intervenire sfruttando chissà quale strategia di marketing o di vendita. Continua a leggere e capirai.

B) La politica fa ridere, ma qualcos’altro fa scompisciare.

Se la missione dell’aiutare le persone è insita nel fare impresa, allo stesso modo fare del bene ad un’intera società dovrebbe essere insita nel fare politica.

L’unica cosa che voglio aggiungere, e che tra l’altro mi ha fatto tremare i polsi, è l’aver visto piccoli imprenditori consegnare simbolicamente le chiavi della propria attività alle istituzioni.

Tre cose a proposito:

Uno. Stai tranquillo perché nessuno vuole le chiavi di un vuoto a perdere.
Due. Ma fai sul serio nel consegnare le chiavi di casa tua alle stesse persone che, in questa situazione, ti ci hanno messo?
Tre. Queste persone, a governare, chi le ha messe? E perché?

Se ci si fa un giro tra le bacheche Facebook dei politicanti, rappresentanti di associazioni etc., in carica oppure no (anche tra i profili di quelli che negli anni passati, per un motivo e per un altro, hanno ruotato intorno al mondo politico), è un connubio di proposte e cazzate.

Ma siete seri?

Solo ora fate proposte?

E dove cazzo eravate durante la vostra carica?

Qual è il risultato (output) del vostro operato nel periodo in cui eravate in carica?

Qual è il risultato (output) dell’operato di chi è in carica adesso?

In quanto imprenditore che vende servizi o prodotti in cambio di soldi, io rischio di perdere clienti, contratti e commesse se sbaglio qualcosa. Posso anche andare in contro a penali pesanti. 

Se proviamo a traslare sul governo lo stesso banale ragionamento, io (cittadino-cliente) pago imposte (cessione di credito) per ricevere in cambio dei servizi (trasporti, sanità, educazione etc.).

Ed è qui che siamo arrivati all’assurdo. Non abbiamo più servizi in cambio. Questi incompetenti ne sbagliano una dietro l’altra senza la possibilità di poter pagare le conseguenze delle loro scelte.

Gente che non ha mai amministrato neanche il proprio porcellino in ceramica, che blatera chiacchiere dalla comoda e ipocrita sicurezza di un posto pubblico con uno stipendio fisso che pretende di dare soluzioni alle imprese?

Fa già ridere così, quindi non c’è bisogno che continui vero?

E tu, sul serio, come fai a dargli ancora credito? Come fai a non essere stufo e incazzato nero con loro e poi, soprattutto, con te stesso?

Come avviene in ogni crisi, che ti piaccia o no stiamo pagando le conseguenze dell’adorazione del nulla: delle apparenze, delle incompetenze, dei non contenuti, dei like, dell’inettitudine, della pigrizia, dell’ostentazione di uno status quo che non può esistere perché i numeri in banca dicono altro.

Scrivevo già nel 2017:

Tra l’altro, il governo nazionale – per quante pecche possa avere o per quanti errori stia facendo (un esempio a caso: la gestione dei tempi) – sta comunque attuando misure di aiuto. Ma noi continuiamo a spostare il focus su problemi inesistenti e ad approfittare della situazione quando in passato, noi per primi abbiamo agito in maniera irresponsabile.

La ricchezza va prima creata e solo dopo distribuita.

È la macchina burocratica il vero problema di questa nazione. Macchina creata dalla mala politica da una parte, e – guarda il paradosso – dagli stessi cittadini dall’altra.

Così non c’è via di uscita.

E vien da mordersi i gomiti se si pensa che in fin dei conti, è stata la nostra mancanza di partecipazione a causare – e permettere che accadesse ancora – tutto questo.

C) Non tutti vanno aiutati.

Ora sto per dire la cosa più brutta dell’intero articolo ma anche la più grande verità sacrificata sull’altare del consenso populista.

Non tutti meriterebbero di ricevere aiuti dallo stato, dalle banche o da altri imprenditori.

Mi spiego: cosa accade se ad un fumatore compulsivo malato terminale concediamo di continuare a fumare per alleviare la tensione? Accade che ne aggraviamo le condizioni accelerandone la morte.

Un sacco di imprese italiane erano già con due piedi nella fossa, prima e indipendentemente dalla pandemia. Il covid-19 ne sta accelerando la dipartita.

Che senso ha dare liquidità a questi imprenditori? Non credi che sia inutile e persino controproducente aiutarli a trascinare un morto che cammina? Non credi che, così facendo, potrebbero aggravare maggiormente la loro situazione e quella dell’indotto?

Proviamo a proseguire: cosa accade a questi imprenditori che falliscono? 

Qui sarebbero servite misure da paese civile, nobile, intelligente e DAVVERO vicino agli imprenditori, che li considera come risorse e non come dei soci di minoranza: se un imprenditore fallisce per cause – chiamiamole così – naturali, quindi non perché ha volutamente frodato qualcuno ed è semplicemente stato vittima della sua ignoranza, lo Stato, da buon padre di famiglia, avrebbe dovuto dire:

Caro figlio, ti ringrazio. Ho apprezzato il tuo impegno e la tua voglia di fare, ma così non puoi continuare. Devi chiudere e ricominciare daccapo, con una nuova mentalità e una ben più alta preparazione. Non preoccuparti per la tua famiglia, i dipendenti e i fornitori. Ci penso io. Mentre ti aiuto a ripartire assegnandoti dei consulenti che ti facciano comprendere il modo corretto di fare impresa obbligandoti a studiare, ti garantisco un piccolo reddito per consentirti di pensare alla tua famiglia. Inoltre, mi occuperò anche di ricollocare i tuoi dipendenti e di fornirti strumenti equi di ammortamento per sanare i rapporti con i tuoi fornitori.

È chiaro, questa oggi è solo un’utopia. 

Ma perché? Perché non potrebbe essere così?

La risposta credo sia semplice quanto dolorosa allo stesso tempo: perché persone stupide hanno messo altre persone stupide a governare questo paese.

I politicanti che noi abbiamo votato (o che non abbiamo votato) sono stati scelti per governare questo paese. Scelti per fare politica. Politica è l’arte – o le tecniche – di amministrare e governare uno Sato, una regione, una città, una società.

Quindi, estremizzando al massimo, la politica deve occuparsi di normare una società. Ma a questo punto un’altra domanda fondamentale è: come si fa a normare qualcosa che non si ama?

Non si può.

Per spiegarti al meglio questo meraviglioso concetto mi avvalgo di una magistrale – e disarmante – spiegazione di Mauro Scardovelli:

Ora ho ancora bisogno di chiarirti un paio di concetti.

Quando ti relazioni nella società, che tu sia un dipendente oppure un imprenditore, una cosa che devi imparare a fare è riconoscere gli “ecosistemi” con cui devi interagire.

Sul tuo percorso all’interno di questi “ecosistemi” dovrai relazionarti con due gruppi di persone: gli imprenditori e i loro dipendenti. 

Poi, a seconda di alcuni fattori che dovrai imparare osservare, ciascuno di questi due gruppi può essere ulteriormente scomposto in 2 sottocategorie: persone stupide e persone responsabili.

Primo gruppo: le Persone Stupide.

Sono persone che per definizione arrecano danni a sé stesse a gli altri.

Hanno un livello bassissimo di ambizione e tutto quello a cui tengono è preservare il loro status quo, che vedono minacciato dalla presenza di chi FA, di chi SA, di chi si sbatte per stravolgere l’ordine “naturale” delle cose e vuole vivere come causa e non come effetto.

Riconoscerli non è sempre facile, ma neanche impossibile.

Nel gruppo dei dipendenti, troviamo coloro che vogliono vedersi garantito SOLO uno stipendio con tutti i diritti annessi e connessi; i “9-5 workers”, che creano zizzania e pettegolezzi all’interno dell’ambiente lavorativo tra colleghi, fornitori e nei confronti dei loro titolari.

Quelli che, pur non essendo in grado di saper fare una “O” con un bicchiere, si sentono sempre e comunque in dovere di esprimere la loro opinione sull’operato altrui, quelli del “secondo me”, quelli del buon viso a cattivo gioco, quelli che sarebbe stato meglio fare così o cosà… Peccato che se avessero avuto davvero le idee così chiare e fossero stati davvero così in gamba, avrebbero già ricoperto ruoli ben più di spicco con ricompense ben più laute.

Passando al gruppo degli imprenditori, la differenza sta solo nel possesso di una partita IVA.

Sono quelli che a differenza dei primi hanno avuto il “coraggio” (appunto) di aprire una partita IVA. 

L’hanno aperta NON di certo per costruire un ecosistema migliore dal quale provengono, ma solo per non essere alle dipendenze di nessun organismo e con il desiderio di usufruire della propria azienda al pari di un bancomat automatico: un limone da spremere in totale assenza di consapevolezza delle conseguenze di ciò che questo comporta.

Sono persone che NON sanno – e NON vogliono – distinguere il Marketing dalle Vendite e dalla pubblicità, i benefici a lungo termine dai profitti immediati effimeri. Quelle persone a cui fa comodo prendere in “esame” un parametro insignificante piuttosto che una serie spesso ostica di numeri e fattori, tramite cui avere una visione chiara e riuscire ad affrontare con serenità l’incertezza.

Come quando, per stabilire se sei in salute o meno, controlli solo il tuo peso corporeo: stai dimagrendo (dove il peso è il parametro insignificante) e ti senti appagato e felice grazie all’effetto della serotonina per un “risultato” evidente, “tangibile” e ostensibile. Ed è questo che preferisce questa gente piuttosto che un esame del sangue e degli organi vitali completa. Perché, se qualcosa all’interno del loro organismo non dovesse funzionare, non è loro responsabilità. Piuttosto che adoperarsi per stabilizzare i valori, cambiano medico, nutrizionista, fornitore, collaboratore etc.

Avere un navigatore in questo viaggio chiamato imprenditoria fa paura, perché ti mette davanti al percorso REALE da affrontare e richiede rigore scientifico per superare tutti gli ostacoli presenti sul tragitto. Come se non bastasse, tutto ciò richiede tempo, pazienza e sacrificio… Ma questa categoria di persone aveva solo il desiderio di svincolarsi da regole e direttive di titolari, capi, superiori, mica di sbattersi.

Sono capitani alla guida di una nave senza navigatore, che non vedranno mai per tempo l’iceberg con il quale stanno per scontrarsi, recando danno non solo a sé stessi, ma all’intero equipaggio.

Per questo tipo di persone, le responsabilità e le cause non sono mai da attribuirsi all’interno dell’azienda, ma sempre e solo all’esterno.

E parliamoci chiaro, conosciamo perfettamente le pratiche immorali di queste persone:

  • Sottopagare i propri dipendenti;
  • Chiedergli di restituire cash parte dello stipendio;
  • Spostare un gran numero di voti minacciandoli di votare il personaggio X (con tanto di prova annessa) altrimenti ci saranno gravi ripercussioni;
  • Ri-confezionare un prodotto scaduto con nuova etichetta;
  • Ri-etichettare un prodotto di una sottomarca con una di una marca più famosa;
  • Rivendere come prodotti freschi i resi dei ristoranti o delle pizzerie;
  • Vendere prodotti apparentemente naturali ma che in realtà sono semplicemente surrogati di composti chimici;
  • Approfittarsi e abusare di una situazione passeggera per vendere a un prezzo ingiustificato un bene o prodotto di prima necessità;
  • Etc.

Vogliamo continuare a fare finta di niente? Meritano queste persone di dover essere ancora aiutate?

Secondo gruppo: le Persone Responsabili.

Non mi riferisco SOLO alle persone in grado di assumersi le proprie responsabilità, così come non mi riferisco all’accezione più scontata del termine responsabilità

No. Mi riferisco a quelle persone che hanno sviluppato l’attitudine a rispondere alle situazioni della vita, con consapevolezza e cognizione di causa. Le persone responsabili sono coloro che per definizione ottengono vantaggi per sé stesse MENTRE creano benefici agli altri: clienti, dipendenti, fornitori, collaboratori, famigliari etc.

Nel gruppo dei dipendenti ad esempio, sono coloro che sanno che un beneficio per l’intera azienda, per i colleghi, per i titolari, rappresenta un vantaggio anche per loro stessi.

E quindi non hanno interesse a “mantenere” uno status di cui sanno che la stabilità, in assenza dei corretti presupposti aziendali, attitudini e competenze, è la stessa di una “house of cards”.

Nel gruppo degli imprenditori invece, la responsabilità è ciò che F O N D A M E N T A L M E N T E distingue una persona poco avveduta da una con spirito critico, capacità di osservazione, di lettura e di analisi. Che distingue un Leader da un titolare; un imprenditore da un pagliaccio.

Una Persona Responsabile costruisce rapporti SANI con rispetto ieratico verso gli altri. 

R I S P E T T O.

È ciò che manca agli stupidi.

Uno stupido avrà interesse a confermare solo la sua posizione in maniera inequivocabile, mentre tu parlerai di interessi e vantaggi comuni, efficacia e benefici.

Uno stupido avrà interesse a occuparsi solo di massimizzare i suoi guadagni nel breve termine, mentre tu ti occuperai di sviluppare strategie, relazioni e accordi a lungo termine creando presupposti per ottenere in futuro qualsiasi tipo di risultato.

Uno stupido avrà interesse ad attaccarti professionalmente e personalmente, sabotando ogni tua proposta e cercando di migliorare esclusivamente la sua posizione economica, mentre tu invece attacchi il problema con contenuti e competenze, cercando di migliorare le tue attitudini e quelle delle persone che ti circondano.

Uno stupido non conosce la differenza tra causa e conseguenza.

La causa è il valore che riesci ad acquisire o ad iniettare nel mercato, a prescindere che tu sia un imprenditore, un dipendente, uno studente e così via.

La causa è quanto sei in grado di migliorare la vita delle persone.

La causa è un evento o azione che determina qualcosa; una conseguenza è qualcosa che si verifica come risultato di quella causa.

Se agiamo oppure no, se partecipiamo oppure no, se decidiamo oppure no, qualsiasi cosa decidiamo di fare avrà delle conseguenze e modificherà in modo sostanziale il corso degli eventi e il nostro futuro.

Siamo sempre vittime e carnefici di noi stessi.

D) Il Marketing cambierà ed è ora di diventare digital (?)

No, non è il momento di intervenire sul Marketing.
No, il modo di fare Marketing non cambierà.
No, le automazioni non cancelleranno posti di lavoro.

Il terreno di intervento su cui devono agire gli imprenditori è il loro modello di business, cioè il modo con cui hanno deciso di fare impresa, unito (lo ripeterò fino allo sfinimento) al valore che sono in grado di iniettare nel mercato.

È il corretto modello di business unito alle competenze, che garantisce il raggiungimento degli obiettivi. Il Marketing è solo un facilitatore.

Se il covid-19 muterà l’iter del processo di acquisto dei clienti a cui ti rivolgi, allora dovrai intervenire sul tuo modello di business, non sul marketing. È questo che devi cambiare: capire come e se puoi produrre e garantire il fattore delivery del tuo prodotto-servizio. 

L’unica cosa da fare è quella di rimettersi a studiare. Coinvolgere figure chiave come i commercialisti, e insieme capire come affrontare al meglio la situazione e prendere le scelte corrette.

Se fossi “costretto” a tramandare un solo consiglio a mio figlio, da inseminare nel suo cuore affinché i frutti di questo seme si concretizzino in pensieri, emozioni, comportamenti, azioni e manifestazioni adamantine, sarebbe questo: diventa una Persona Responsabile.

Perché ciò che ieri abbiamo chiamato crisi del 2008 e oggi Coronavirus, domani potrà avere mille altri nomi… Ma resterà pur sempre mancanza di responsabilità – la capacità di rispondere reagendo alla situazione della vita in cui ci si trova.

Ab uno disce omnis.

 

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Internazionalizzazione aziendale con Gaetano Mongelli – B2B.

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Come si internazionalizza un'azienda?

Ne ho parlato con Gaetano Mongelli, consulente specializzato in internazionalizzazione.

Come si internazionalizza un'azienda? Quali sono i fattori da dover tenere in considerazione per non incorrere in rischi e pericoli? Scoprilo insieme a me e al Dott. Gaetano Mongelli.

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Come migliorare o rilanciare un’azienda partendo dai tuoi clienti.

Immagine articolo di blog Come migliorare o rilanciare un’azienda

Come si porta innovazione in un'azienda? Cosa vuol dire davvero fare innovazione?

Tutti che si riempiono di paroloni facendo il più delle volte solo degli sproloqui.

Come si fa ottenere più risultati nel business? Esiste un modo corretto? Perché esistono aziende di successo e aziende destinate a fallire? Cosa possiamo imparare dalla favola "La cicala e la formica"?

Cerco di risponderti nelle prossime righe.

Prima però, mi preme che tu legga questa storia, che sicuramente già conosci.
Ti aiuterà a smontare parecchie cose che probabilmente oggi consideri una legge.

“C’era una volta un’estate calda, e una cicala a cui non piaceva né sudare né far fatica. L’unica cosa che le piaceva fare era cantare tutto il giorno.

Sotto il ramo dell’albero dove stava sdraiata comoda, passava avanti e indietro una formica, tutta indaffarata a portare sulla sua schiena un sacco di cose: pezzetti di cibo, sassolini, legnetti ecc.

La cicala, vedendo quanto era sudata la formica, iniziò a prenderla in giro:
«Vieni quassù con me, signora formica. Fa più fresco e, mentre ti riposi, cantiamo insieme qualche canzone» e, così dicendo, iniziò a cantare.

«Grazie mille per l’invito, signora cicala, ma io sono molto indaffarata a mettere via provviste per l’inverno e a sistemare la mia casetta per proteggermi dal freddo, quando arriverà» e, così dicendo, continuò ad andare avanti e indietro per il prato, indaffarata.

«Ma l’estate è ancora lunga e l’inverno ancora lontano. Non preoccuparti adesso, ci sarà tempo più avanti per mettere via le provviste!», continuò la cicala.

La formica scosse un po’ la testa e continuò imperterrita il suo lavoro, senza più badare alla cicala.

«Fai come vuoi, formica mia. Io intanto mi godo questa meravigliosa giornata standomene qui rilassata a riposare» e la cicala riprese a cantare un’altra canzone.

Ma i giorni e poi i mesi passarono veloci. Arrivò l’inverno, col suo freddo e col suo ghiaccio.La cicala vagava per i campi e i prati arrabattandosi come poteva, recuperando qua e là qualcosa da mangiare e riparandosi dal freddo dove capitava.

Vagando vagando, una sera in cui il buio era sceso molto presto, incontrò una piccola casetta con la finestrella illuminata. La cicala aveva tanta fame e tanto freddo, così bussò alla porta. La porta si aprì ed uscì la formica. Quella era la sua casetta costruita con fatica durante tutta l’estate, dall’interno si sentiva arrivare un bel calduccio e un odorino di cibo molto invitante.

«Buonasera signora cicala, cosa ti porta qui da me?»«Buonasera signora formica», rispose tutta infreddolita la cicala, tremando nel leggero cappottino che aveva addosso. «Ho freddo, ho fame e non ho un tetto dove passare la notte.»

La formica guardò la cicala con compassione.

«Ah signora cicala, come ricordo bene le calde giornate d’estate in cui, mentre io faticavo per metter via provviste e costruirmi una casa, tu, beata sul tuo ramo al fresco e all’ombra, cantavi cantavi e cantavi… Beh, facciamo così: entra, per questa volta ti aiuterò e ti darò da mangiare e un letto per dormire. Tu però prometti che la prossima estate mi aiuterai a far provviste.»

La cicala, imparata la lezione, promise che avrebbe fatto la brava e ringraziò di cuore la formica per l’aiuto.”

Ti ho riproposto questa storia per presentarti due tipologie di imprenditori e di imprese.

Gli imprenditori della prima tipologia si comportano come la cicala. Vivono sugli allori di tempi d’oro, tempi che sono inesorabilmente passati senza che se ne siano resi conto. Definisco le loro imprese “prodotto-centriche”, proprio perché pensano che basti un prodotto che ha funzionato in passato per avere successo oggi e nel futuro.

Qui ci torna utile la morale della favola: chi non fa nulla, non ottiene nulla, per questo bisogna impegnarsi.

Poi abbiamo la seconda tipologia di imprenditori. Sono quelli che si impegnano. Questi ultimi, a differenza dei primi, hanno un approccio “strumento-centrico”. Sanno, cioè, che devono muoversi in qualche modo per dare nuova linfa al proprio business e per questo si concentrano su tutti gli strumenti che il Marketing mette a disposizione (pubblicità, pagina facebook, instagram, promozioni, volantini, annunci radio, sito web “simpatico” e così via).

Il 90% degli imprenditori che si rivolgono alla mia azienda (Rocket Marketing) per una consulenza rientra in questa seconda categoria.

Ma anche fare e impegnarsi, in assenza delle corrette informazioni e dei giusti strumenti, non basta più. Equivale a non fare.

Un prodotto/servizio sviluppato e pubblicizzato senza prendere in considerazione le esigenze del mercato e dei clienti, i punti di forza e debolezza dell’azienda stessa e il comportamento d’acquisto dei consumatori, è un prodotto destinato a fallire.

Ma un prodotto/servizio che fatica a collocarsi fuori da internet, perché dovrebbe avere speranze a collocarsi con internet?

Semplicemente non ne ha.

Dunque, succede che molti imprenditori cadono in errore nel vedere il web marketing – ma più in generale internet – come l’Eldorado che finalmente gli permetteranno di dare nuova linfa al proprio business.

Peccato che così non è, per 3 semplici motivi:

  • Partire dalla pubblicità è sbagliato (Web Marketing / Social Media Marketing / Volantini etc.);
  • La pubblicità amplifica ciò che un’azienda sta già facendo (nel bene o nel male);
  • La pubblicità è il risultato operativo di un piano di Marketing Strategico.

Nel 2018 ho formato più di 1000 imprenditori in tutta Italia, constatando che 9 imprenditori su 10 operano nella totale assenza di:

  • un Piano di Marketing Strategico e Operativo;
  • strumenti tecnologici di misurazione delle performance della propria azienda (analisi, tracciamento del comportamento dei consumatori, gestionali & crm);
  • strumenti di protezione personale e professionale.

Ora, con molta probabilità, ti starai chiedendo perché tutto questo dovrebbe riguardarti e interessarti. Semplice: è questione di cultura. Seguimi.

Un’azienda costruita senza cultura, opera senza valori chiari.

Operare senza avere ben chiari i propri valori, non educa le persone.

Non educare le persone non porta benefici né ai clienti, né ai dipendenti, né ai fornitori.

Se non porti benefici, chiudi.

Se chiudi si perdono posti di lavoro.

Quei posti di lavoro sono occupati da persone con famiglie.

Come vedi è un effetto domino che ti riguarda molto da vicino, a prescindere che tu sia un imprenditore, un lavoratore dipendente o sia senza lavoro. In verità, riguarda tutti noi.

È per questo motivo che fare Marketing è la mia missione su questa terra.

Molti pensano che il Marketing sia solo un’attività promozionale o pubblicitaria. Non per me, non per le mie aziende, non per i miei collaboratori, non per i miei clienti e non per i miei studenti.

Per me il Marketing è un’attività di protezione del business di un imprenditore e di tutte le persone in qualche modo coinvolte (collaboratori, famiglia, fornitori, clienti etc.).

Ne consegue che il Marketing, migliorando le condizioni generali di un’azienda (nei processi, nella scelta dei fornitori, nelle vendite, nei fatturati e così via) agisce di riflesso sulla vita di tutte le persone che hanno a che fare con quell’azienda.

Ogni imprenditore è direttamente responsabile della propria vita e indirettamente della qualità della vita delle persone che hanno deciso di affiancarlo e supportarlo.

È per questo che affermo sempre con orgoglio che il nostro lavoro consiste nel:

“Salvare letteralmente la vita alle persone, aiutandole a CAPITALIZZARE ciò che di buono hanno fatto e fanno ogni giorno.”

E aggiungo:

“Se ognuno avesse a disposizione gli strumenti giusti, se fosse in possesso delle giuste informazioni e se avesse accanto le giuste persone, nessuna impresa sarebbe impossibile.”

Il Marketing sta alla pubblicità come un medico chirurgo sta al suo stetoscopio.

La pubblicità è uno strumento. Ciò che conta è il ragionamento logico fatto per arrivarci.

Prima il Marketing, poi le attività di promozione.

Prima crea ricchezza, poi distribuiscila.

Prima investi, poi capitalizzi.

Attraverso i miei servizi mi rivolgo a imprenditori, manager, liberi professionisti, Startup e Privati, tramite il nostro metodo proprietario chiamato “Identifica. Pianifica. Amplifica.”

Il metodo – appunto – ha l’obiettivo di identificare i punti di forza e debolezza di un business, pianificare le strategia e le tattiche orientate esclusivamente agli obiettivi e, infine, mettere a punto azioni che vadano a proteggere, capitalizzare e amplificare i risultati.

Roccia!

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Come fare un piano Marketing Strategico e Operativo.

Immagine articolo di blog Come fare un piano Marketing Strategico e Operativo

Come fare un piano di Marketing Strategico e Operativo.

Il Piano di Marketing è tutto ciò che serve prima di ogni tipologia di investimento. Ogni azienda deve nascere con a seguito un Piano di Marketing.

Se non hai mai ottenuto risultati dagli investimenti pubblicitari il motivo è semplice: chi si è occupato di fare promozione per te ha investito solo su strumenti inutili per il tuo Business. Tutto sarebbe stato diverso in presenza di un Piano di Marketing.

“Un esercito vittorioso prima vince, poi dà battaglia; un esercito destinato alla sconfitta prima dà battaglia, poi spera di vincere.“ – Sun Tzu –

Investire solo sugli strumenti equivale a dare direttamente battaglia e andare incontro a sconfitta certa; investire prima in un Piano Marketing invece, a vincere la guerra prima di andare in battaglia.

Ricordi la storia dell’impavido Leonida, re di Sparta? Leonida era un abilissimo guerriero e stratega, e infatti, durante la battaglia delle Termopili, nonostante disponesse “solamente” di 300 soldati, riuscì a infliggere importanti perdite all’esercito persiano di Serse.

Leonida aveva un Piano che aveva elaborato ancor prima di andare in battaglia contro i persiani. Battaglia che, se non fosse stato per il vile tradimento di Efialte, che rivelò a Serse come aggirare il Piano Strategico di Leonida, avrebbe sicuramente vinto.

Ora, prima di procedere con la lettura di questo articolo, voglio che tu prenda consapevolezza di alcuni dati, cosicché possa comprendere fino in fondo l’importanza che un piano di marketing assume in qualsiasi strategia di business.

Primo dato:

“La crisi causa il fallimento della metà delle imprese italiane dopo solo 5 anni di attività: la Cgia di Mestre accusa il Governo di essere sordo al dramma delle aziende e degli imprenditori, che da inizio anno si sono tolti la vita già in 23.

[…]

A pesare sugli imprenditori sono in particolar modo «tasse, burocrazia, ma soprattutto la mancanza di liquidità».”

(fonte: www.pmi.it)

È chiaro che la pressione fiscale e gli aspetti burocratici siano un peso per le PMI italiane, ci mancherebbe. Ma il peso lo senti se apri la tua azienda senza alcuna pianificazione.

http://www.pmi.it/economia/mercati/news/54786/fallimenti-imprese-il-50-chiude-in-5- anni.html

Secondo dato:

Il 42% delle start-up fallisce perché non ha mercato. La presenza di mercato per il tuo settore è un dato che si evince nella prima fase di elaborazione di un Piano di Marketing. (https://www.cbinsights.com/research-reports/The-20-Reasons-Startups-Fail.pdf)

Terzo dato:

Dal sito Autopsy (http://autopsy.io/) puoi verificare tutte le cause di fallimento delle startup e di come quest’ultime ne abbiano tantissime in comune. Tutte queste cause si sarebbero potute tranquillamente evitare eseguendo prima un Piano Marketing.

Se ancora non ci sei arrivato tranquillo, leggendo questo articolo capirai perché è tutto collegato.

Entriamo quindi subito nel merito.

Un buon Piano di Marketing, si compone necessariamente dei seguenti processi (non è mai possibile cambiare l’ordine di questi):

  1. Analisi di mercato;
  2. Analisi del target;
  3. Analisi della concorrenza;
  4. Progettazione del Brand e del posizionamento aziendale sul mercato;
  5. Progettazione della strategia;
  6. Misurazione e tracciamento kpi e obiettivi.

1. Analisi di mercato.

Grazie all’Analisi di Mercato saprai, PRIMA di investire qualsiasi euro in strumenti e pubblicità, se esiste già un pubblico disposto a comprare i tuoi prodotti o servizi. Qual è la dimensione potenziale di questo pubblico e quali luoghi, virtuali e non, di solito frequenta. Oltre a fornirti preziose informazioni su questo pubblico, l’Analisi di Mercato ti permette di scoprire chi sono i tuoi REALI concorrenti, quanti sono, come operano sul mercato e come sono (se lo sono) posizionati.

È indispensabile dunque l’Analisi di Mercato? Direi assolutamente obbligatoria. Se dovessi infatti fare riferimento alla struttura di un immobile, affermerei che il Piano Marketing è l’immobile, l’Analisi di Mercato le sua fondamenta. L’immobile dunque può reggersi solo su fondamenta solide.

Se e solo se i numeri dell’Analisi di Mercato giocheranno a tuo favore e a quelli dell’idea di impresa che hai in mente, nel tempo, se applichi con impegno e dedizione tutti i principi del Marketing, avrai sicuramente SUCCESSO.

In alternativa avrai evitato di buttare nel vuoto migliaia e migliaia di Euro in investimenti inutili. D’altronde che razza di senso ha piazzare un’offerta se non esiste alcuna domanda?

Il pubblico di cui sopra rappresenta appunto la domanda di mercato, domanda che è possibile dividere per intenti di ricerca:

Intenzioni di acquisto: il pubblico deve risolvere un problema o soddisfare un bisogno ed è alla ricerca di una soluzione immediata (acquistare un prodotto-servizio, prenotare una camera di un hotel, prenotare un viaggio etc.);

Intenzioni informative: il pubblico deve informarsi riguardo un prodotto-servizio, un’azienda, una meta turistica etc. prima di procedere all’acquisto/prenotazione;

Intenzioni latenti: il pubblico non è ancora coinvolto in alcuna azione o ricerca, benché abbia volontariamente espresso preferenze per una determinata categoria o marchio (es. mettendo like a una specifica pagina facebook, interagendo con un determinato blog etc.)

Le intenzioni di acquisto ti aiutano a capire se c’è qualcuno che attivamente cerca già prodotti o servizi simili ai tuoi, oppure soluzioni a problemi che tu risolvi tramite la vendita dei tuoi prodotti o servizi.

Sapere in anticipo se esiste già qualcuno che cerca Online i tuoi prodotti o servizi ti farà comprendere, in parte, come e dove intercettare queste persone.

Per verificare le domande relative alle intenzioni di acquisto e informative, puoi utilizzare qualsiasi strumento di Keyword Research (ne ho parlato in maniera dettagliata in questo articolo).

Sono semplicissimi da utilizzare e i dati che dovrai tenere sempre sott’occhio sono:

  1. Il volume medio di ricerca della tua parola chiave: ti farà capire quanto rilevante è un argomento per i tuoi potenziali clienti e quante volte in media al mese viene cercato online. Quindi se ha senso o meno puntare su questo argomento specifico.
  2. Il livello di concorrenza: quante aziende stanno concorrendo al posizionamento di una determinata parola chiave.
  3. Il costo medio per clic: di solito più è alto il livello di concorrenza più è alto l’investimento richiesto in termini di costo per clic.

La domanda relativa alle intenzioni latenti invece, rappresenta tutte quelle persone che ancora non stanno cercando i tuoi prodotti, i tuoi servizi o i problemi che essi risolvono, perché magari ancora non lo conoscono o non ne hanno bisogno al momento specifico, ma se debitamente stimolati potrebbero esserne interessati.

La domanda che devi tenere sempre a mente è:

“Dove sono e cosa fanno i miei potenziali clienti? Come posso intercettare chi non cerca ancora il mio prodotto ma può esserne interessato?”

Capisci che conoscere per bene il pubblico al quale ti stai per rivolgere, sapere quali problemi hanno, quali sono gli interessi in comune, quali luoghi (online e offline) frequentano, siano gli unici dati necessari per impostare in seguito tattiche e strategie e quali strumenti selezionare in base agli obiettivi da perseguire.

Ecco perché non dovresti mai partire al contrario e cioè scegliendo prima gli strumenti.

Sono gli strumenti che devono piegarsi al volere delle strategie e degli obiettivi, mai il contrario!

Gli strumenti migliori per verificare la domanda relativa alle intenzioni latenti sono i social networks in quanto offrono un’ottima profilazione degli iscritti in base a vari fattori, es: posizione geografica, età, sesso, lavoro, interessi, hobby etc.

Ben inteso che sono gli strumenti che si utilizzano più di frequente, ma ne esistono davvero tanti se facciamo riferimento a siti e piattaforme verticali e tematici.

Il principio di base resta sempre lo stesso: testare, misurare e calcolare il ROI (ritorno sull’investimento).

Un altro dato che va verificato, anche per confermare i dati raccolti dall’analisi della domanda, sono le tendenze di ricerca da parte degli utenti negli ultimi anni per un dato argomento.

In questo caso lo strumento che di riferimento è Google Trends.

Grazie a Google Trends potrai verificare quelle che sono le tendenze di ricerca nel tempo e gli andamenti di mercato negli ultimi anni.

Ti aiuterà a capire se c’è qualcuno interessato ai tuoi prodotti e/o servizi, in quale misura né è interessato, qual è la tendenza stagionale delle ricerche e come questa potrebbe influire sulla pianificazione del tuo piano di comunicazione.

Saprai quali sono i servizi o i prodotti di maggior interesse, quali benefici sono rilevanti per i tuoi potenziali clienti, e quali argomenti si sviluppano (e se sono in crescita) attorno al tuo settore.

Un ultimo dato che potrai analizzare da Google Trends è capire quali sono le zone geografiche della tua area di intervento più sensibili alle tue future offerte di vendita.

I dati raccolti finora sono indispensabili e ti preparano a risolvere l’equazione che sta alla base di ogni buon modello di piano marketing che si rispetti e che spesso ne decreta il successo o meno: il processo di acquisto dei tuoi clienti.

2. Analisi del target.

Spero tu ti renda conto dell’importanza sia dei dati raccolti finora sia di conoscere in anticipo alcuni dati importanti sui tuoi potenziali clienti.

Quanto più conosci dei tuoi potenziali clienti, tanto più sarà chiaro capire come e dove intercettarli, su quali contenuti-informazioni dovrai lavorare e fornire successivamente.

Lo sforzo da parte tua in questa fase è quello di eseguire un identikit dei tuoi potenziali client tramite analisi specifiche, nell’ordine:

  1. Identificazione e segmentazione tramite dati demografici, sociali e psicologici;
  2. Definizione del processo di acquisto, apportando azioni mirate e specifiche per fase del processo stesso, come ad esempio:
    1. In fase dell’individuazione del problema, stimolare la consapevolezza dei bisogni.
    2. In fase di ricerca delle informazioni, fornire informazioni sui prodotti.
    3. In fase di valutazione delle alternative, fornire strumenti di valutazione.
    4. In fase di decisione di acquisto, instaurare un rapporto di fiducia.
  3. Comprensione del modo in cui il tuo pubblico si rapporta e si comporta nei confronti del mondo e della vita in generale, comprendendo come percepisce le informazioni e come agisce in seguito all’acquisizione delle stesse;
  4. Scoperta delle reali leve psicologiche che spingono il tuo pubblico all’acquisto del tuo prodotto-servizio;
  5. Identificazione della strategia comunicativa in base al coinvolgimento e alla tipologia di approccio, se più razionale o più emotivo;
  6. Identificazione dei contenuti da produrre, il formato di supporto e dei canali di distribuzione.

Solo una volta raccolte tutte queste informazioni, prima di procedere correttamente con il resto dello sviluppo del tuo Piano di Marketing, devi necessariamente conoscere chi sono i tuoi reali concorrenti, cosa stanno facendo al momento e soprattutto come puoi posizionarti differentemente rispetto a loro.

3. Analisi dei concorrenti.

Conoscere a fondo i tuoi concorrenti ti permetterà nella fase successiva, di progettare al meglio il tuo posizionamento di mercato.

Per capire chi sono i tuoi concorrenti ti basta effettuare una ricerca su Google per parola chiave del settore, prodotto o servizio, che identifica il tuo mercato.

A questo punto dovrai annotare la lista dei concorrenti che appariranno nei risultati di ricerca, sia a pagamento (gli annunci Google ADS per intenderci) e sia quelli organici (non a pagamento).

Una volta capito chi sono, dovrai studiare a fondo i loro siti web, le loro pagine facebook e in definitiva – per quanto possibile -, tutte le piazze virtuali da loro occupate.

Studiare a fondo la tua concorrenza ti permette di capire:

  1. Se ci sono punti deboli (o di forza) che puoi sfruttare a tuo vantaggio;
  2. Il tipo di offerta proposta e il pubblico di riferimento;
  3. Il tipo di comunicazione, la strategia comunicativa e il tono utilizzato;

Se il tuo tipo di attività prevede che ci siano anche dei concorrenti offline, dovrai cercare di estendere questo tipo di ricerca – per quanto possibile – anche nella vita reale, visitando i loro punti vendita o uffici, entrando in possesso del loro materiale di marketing e, nel caso, dei loro preventivi.

In seguito alla raccolta di queste informazioni, potrai andare al passaggio successivo.

4. Progettazione del Brand e del posizionamento.

Erroneamente si crede che fare marketing equivalga SOLO a lanciare sul mercato il prodotto migliore, vale a dire che il prodotto migliore appunto sia l’elemento vincente.

Così non è.

Ognuno di noi percepisce il mondo attorno a sé mediandolo attraverso gli occhi e la mente. Ogni verità è una percezione condivisa da molti.

Attraverso le percezioni creiamo la realtà attorno a noi. Sono le percezioni che fanno scegliere chi crediamo esser “lo specialista” per la soluzione dei nostri problemi.

Proprio per questo motivo, ancor PRIMA di definire le strategie di promozione, dovremmo individuare un posizionamento che ci renda unici agli occhi dei potenziali clienti e quindi ben differenti dalla concorrenza.

È per questo motivo che nell’analisi di mercato devi studiare attentamente i tuoi concorrenti. In cosa sei differente da loro? Come risolvi meglio di loro i problemi dei tuoi potenziali clienti?

5. Progettazione della strategia.

Solo adesso è arrivato il momento di decidere attraverso quali tattiche, strumenti e canali dovrai mettere in atto il raggiungimento dei tuoi obiettivi.

Anche perché a questo punto dovresti saper rispondere alla seguente domanda:

“A parità di prezzo e qualità, perché un cliente dovrebbe scegliere me piuttosto che il mio concorrente?”

Se non hai ancora la risposta a questa domanda, torna su e ricomincia tutto da capo.

In alternativa sei anche in possesso di dati che valgono oro:

  • Conosci la domanda di mercato
  • Sai qual è il bacino del mercato potenziale
  • Conosci le piazze virtuali e non dove intercettare il tuo target
  • Conosci i problemi del tuo target
  • Conosci a fondo la tua concorrenza
  • Hai impostato per bene il tuo brand

Con questi dati alla mano quello che devi fare ora è progettare il tuo imbuto di vendita (o sales funnel).

In un certo senso attraverso i passaggi precedenti dovresti aver “decriptato” il processo di acquisto dei tuoi potenziali clienti.

Quindi pensa a questo processo come se fosse un gigantesco imbuto:

Dal modello teorico dell’imbuto devi tirar fuori il modello pratico:

 

Sulla base del modello pratico devi, nell’ordine:

1. Intercettazione domanda latente: intercettare con una comunicazione mirata e specifica tutti quei potenziali clienti che attualmente non conoscono e non cercano sui motori di ricerca il tuo prodotto o servizio, compresi gli argomenti correlati.

2. Intercettazione domanda consapevole: intercettare con una comunicazione mirata e specifica quei potenziali clienti che attualmente non ti conoscono, ma cercano sui motori di ricerca sia gli argomenti correlati al tuo prodotto o servizio sia prodotti o servizi dalla tipologia simile alla tua.

3. Connessione: connetterti e iniziare ad interagire con i visitatori che non hanno richiesto attivamente il tuo prodotto o servizio, ma accedendo al tuo sito, hanno mostrato interesse per gli argomenti trattati. Un ottimo modo per connetterti al tuo pubblico potenziale è fornire loro appunto un’offerta di front-end in cambio del loro indirizzo mail, per iniziare a costruirti una lista mail profilata. In alternativa qualunque modo per tentare di restare in contatto con loro (retargeting ad esempio), in maniera tale che possano continuare a ricevere comunicazioni, offerte e notizie da te.

4. Gestione delle connessioni e Lead Management: gestire con passaggi automatizzati le interazioni con i tuoi potenziali clienti. Senza intervenire personalmente sul singolo utente, dovrai attivare un sistema che in maniera automatica gestisca e riconosce ogni singolo utente, profilando a seconda dell’interesse dimostrato e del suo punto d’ingresso nel tuo imbuto di vendita.

5. Intercettazione domanda consapevole specifica: farti trovare efficacemente e facilmente da quei potenziali clienti che digitano il tuo nome o brand sul web.

Quindi non dovrai far nient’altro (si fa per dire) che rispondere a queste domande:

  • Attraverso quali tattiche e strumenti posso intercettare il mio potenziale cliente?
  • Attraverso quali tattiche e strumenti posso connettermi al mio potenziale cliente?
  • Attraverso quali tattiche e strumenti posso convertire il mio potenziale cliente in cliente?
  • Attraverso quali tattiche e strumenti posso convertire il mio cliente in cliente fidelizzato e spingerlo al riacquisto e a stimolarlo per testimonianze e referenze?

Ora che hai selezionato con criterio e NON alla pene di segugio gli strumenti, e avviato la tua strategia, dovrai preoccuparti dell’ottimizzazione dei vari processi.

Potrai farlo solo raccogliendo e analizzando per bene i numeri dei test che eseguirai.

La morale alla fine di questo articolo di cui voglio ti renda conto, è che gli strumenti devono essere selezionati solo alla fine del Piano di Marketing e in base all’obiettivo che dovranno perseguire.

 

6. Misurazione dei kpi e degli obiettivi.

Gli obiettivi di ogni azienda, quelli vitali imprescindibili, dovrebbero essere:

  • Acquisizione contatti profilati – list building;
  • Vendite, aumento fatturato e margini;
  • Ri Vendite – gestione e fidelizzazione community.

Obiettivi raggiungibili attraverso:

  • Analisi di mercato;
  • Posizionamento;
  • Focalizzazione;
  • Pianificazione strategica.

Quindi non cadere mai nell’errore di MISURARE il successo della tua strategia attraverso:

  • Aumento visite sul tuo sito;
  • Aumento like su Facebook;
  • Numero appuntamenti o richieste di preventivo;
  • Etc.

Questi dati non ti “danno da mangiare” e diffida sempre da tutti coloro che identificano i risultati con questi numeri.

Questi risultati vanno esclusivamente considerati come indicatori di performance (KPI) delle tue Strategie di Marketing, e mai come OBIETTIVI.

Dei buoni KPI potrebbero (il condizionale è d’obbligo) indicare che l’intera strategia verte in direzione degli obiettivi. Cosa voglio dire? Che se comunque gli obiettivi (acquisizione contatti, vendite etc.) stentano a essere raggiunti, c’è sicuramente qualcosa da modificare.

Quindi un’altra operazione fondamentale è quella di misurare campagne, strategie e strumenti.

Dovrai essere in grado di comprendere a pieno la bontà di ogni decisione presa e continuare a essere il vero pilota che guida la propria azienda.

Per un imprenditore come te, l’entusiasmo professionale arriva solo quando si chiude un contratto, si fa una vendita, si fattura. Se il sistema è definito e implementato in maniera corretta – come già affermato più volte – allora porterà risultati in termini di vendita, prospect, fatturati e utili.

Gli unici VERI risultati di un’azienda hanno a che fare con acquisizione di clienti, fatturato e utile.

E quindi… come potrai valutare l’efficacia del tuo Piano di Marketing? Tracciando e misurando le cosiddette conversioni attraverso altri KPI (indici di performance) ben precisi e ben più importanti dei like su Facebook.

Ti riporto solo alcuni esempi per farti capire meglio.

CLICK THROUGH RATE (CTR):

“Percentuale di clic” in italiano è un tasso che misura l’efficacia di una campagna pubblicitaria online, ma non solo.

Se ad esempio un banner o messaggio pubblicitario esposto sul Web è visualizzato 100 volte e una persona vi clicca sopra, il CTR risulterà dell’1%; è quindi considerato un indicatore significativo dell’interesse dell’utenza nei confronti del messaggio proposto. Le percentuali medie CTR nel corso degli anni si sono ridotte anche molto al di sotto del 1%, così che oggi un CTR del 2% è da considerarsi un ottimo successo.

CONVERSION RATE (CR):

è la percentuale di visitatori unici che hanno effettuato l’operazione desiderata visitando il sito, una landing page o una pagina obiettivo. L’azione desiderata potrebbe essere condurre vendite, iscriversi ad una newsletter, effettuare acquisti, osservare una pagina chiave del sito, o altre azioni misurabili.

Se ad esempio tuo e-commerce raccoglie in media 1000 visitatori unici al giorno e, di questi 1000, 50 in media acquistano un prodotto, il tasso di conversione del tuo sito è del 5% (per il periodo preso in considerazione. Misurare il tasso di conversione, e effettuare dei test al fine di migliorarlo, è importante perché a incrementi che possono sembrare irrisori può corrispondere una crescita esponenziale dei risultati.

Consideriamo l’esempio fatto prima ponendo il caso che grazie ai numerosi test riuscissimo a far crescere il tasso di conversione dal 5% al 6%. Questa variazione produce un incremento di 10 vendite (da 50 a 60) ogni 1000 visitatori del tuo sito. È un indice di performance molto importante da considerare per qualunque business on line. Poiché acquisire traffico sul proprio sito web COSTA, migliorare il tasso di conversione vuol dire ottenere maggior risultati a parità di costi. L’importanza è quindi ovvia.

CLICK TO OPEN RATE (CTOR): Il CTR è calcolato comunemente dal rapporto tra numero di clic e numero di impressions, ma può essere messo in relazione anche con il numero di persone che hanno cliccato che generalmente è considerato più attendibile. Infatti se un utente ha visualizzato il messaggio pubblicitario e vi clicca sopra più volte, il CTR aumenta (anche se i cliccatori in realtà non sono aumentati), mentre il CTOR resta inalterato. Il CTOR è determinante per valutare il successo di campagne marketing on-line o email, newsletter, etc., e per una corretta e più utile profilazione del proprio database di contatti.

Ad ogni modo evita l’errore di valutare campagne con obiettivi diversi tutte allo stesso modo, e cioè valutandone le performance prendendo in considerazione kpi identici per tutte: attribuisci a ogni campagna obiettivi e kpi specifici.

Per aiutarti ti faccio alcuni piccoli e semplici esempi:

  • Se fai campagne per far scoprire il tuo brand o prodotto o servizio, e hai quindi come obiettivo la copertura di un territorio o aumentare la notorietà del tuo brand, misura il raggiungimento di questi obiettivi tramite questi kpi: copertura e impression.
  • Se fai campagne per aumetnare il traffico sul tuo sito web, e hai quindi come obiettivo la visutalizzazione della tua piattaforma, misura la performance di queste campagne tramite i seguenti kpi: clic unici in uscita, ctr, cpc.
  • Se fai campagne per aumentare le conversioni sul tuo sito web, e hai quindi come obiettivo l’aumento delle vendite o dei contatti, misura l’efficacia di queste campagne tramite questi kpi: cr, contatti e vendite.
  • Per ognuna di queste campagne calcola sempre il ROAS e il costo per risultato.

Ce ne sono ancora molti altri ma, per il momento, credo possano bastarti questi per poter valutare al meglio sia la tua strategia di Web Marketing sia i fornitori che ti sei scelto.

Attraverso questi dati imparerai a ottimizzare il traffico organico proveniente da Google, ottimizzare le tue campagna a pagamento, ottimizzare la tua comunicazione e le tue offerte e ad abbassare i costi di investimento nelle campagne SEM.

Inoltre dovrai monitorare altri dati importanti:

  • la percentuale di persone che da una fase dell’imbuto scende a un livello inferiore;
  • la percentuale di persone che legge i tuoi articoli di blog per intero;
  • quanto converte il tipo di comunicazione che hai adottato;
  • come risponde la tua lista email profilata alle tue comunicazioni;
  • etc.

Resta ben inteso che in realtà l’argomento della pianificazione di una Strategia di Marketing è molto più ampio ed esteso e, per la sua complessità, non può di certo essere trattato nella sua pienezza in questo articolo. L’importante è che io ti abbia messo di fronte al fatto che il lavoro da fare non è semplice. Certo non complicato, ma va fatto in maniera seria e costante, e che infine se non sei tu il primo a darti da fare seriamente e a compiere scelte strategiche, coraggiose e sensate, finirai anche tu per dare la colpa a tasse, burocrazia e crisi.

Roccia!

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Come funziona il Marketing e come si applica correttamente.

Immagine articolo di blog come funziona il marketing

Cos'è e come funziona il Marketing? Cosa vuol dire davvero fare Marketing? Come si applica?

Maledetto Marketing 🤬😡🤬!

In questa epoca iper informatizzata, tra ennemila corsi di formazione, formatori, coach, guru e messia oltreoceano... capirci qualcosa è diventata una vera impresa. Per questo, nel marasma generale dell'informazione attuale, ho scritto questo articolo che cerca di fare chiarezza su questa meravigliosa disciplina, attraverso 3 aspetti: che cos'è il marketing, come si è evoluto nel corso della storia e come si applica.

Sento ormai sempre più spesso parlare di Marketing come se fosse la panacea per tutti i mali, come se fosse l’ultima ancora di salvezza per qualsiasi impresa in difficoltà, come se fosse la sacra via – semplice tra l’altro – per ottenere il tanto agognato successo; la ricchezza; il mezzo tramite cui costruire il proprio bancomat automatico e infinito.

Questo mi fa davvero arrabbiare.

Mi arrabbio ancora di più quando questi pericolosi concetti – e il Marketing dunque – vengono accostati e confusi e trattati alla stregue di una tattica pubblicitaria, perpetuata senza né testa né coda su canali come Instagram, Facebook, Youtube etc.

Questo, davvero, mi manda fuori di testa.

1. Che cos'è il Marketing.

Per rendere subito chiaro il significato della parola Marketing parto prima con dirti cosa NON è il Marketing. Il Marketing non è:

  • il sito internet
  • il volantino o il cartellone
  • il guerrilla
  • i video
  • la presenza o le sponsorizzate su Facebook
  • la presenza o le sponsorizzate su Instagram
  • il sito e-commerce
  • vendere su amazon
  • il video e/o le idee virali
  • lo sconto, le offerte e le promozioni
  • il logo e/o la grafica
  • i social media
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Chiunque ti abbia venduto il Marketing (o una strategia) citando una delle suddette parole, non ha fatto i tuoi interessi. 

“Il Marketing è l’insieme di competenze tramite cui un imprenditore diviene in grado di assumersi il rischio e la piena responsabilità della creazione e della corretta gestione della sua idea di Business: il suo rischio imprenditoriale.”

Sì perché fare impresa è un rischio a tutti gli effetti; mai nessuno a questo mondo potrà garantirti che la tua idea avrà successo o che fatturerà xyz euro all’anno o entro un certo periodo.

Grazie all’acquisizione di queste competenze un imprenditore diviene in grado di individuare un mercato e di inserirsi traendone profitto, grazie a un prodotto/servizio creato studiando a tavolino il target che ne fa parte e a cui intende rivolgersi.

Inoltre queste competenze fanno in modo che tu possa ridurre al minimo il rischio che hai deciso di assumerti nel momento in cui avvii la tua azienda, senza rimettere la responsabilità della tua vita nelle mani degli altri che, con molta probabilità, faranno fatica a fare i tuoi interessi.

Ti confido anche un segreto: parte di queste competenze, con molta probabilità, sono già dentro di te!

Lascia che ti spieghi.

Se sei un imprenditore per esempio, quando hai deciso di avviare la tua attività imprenditoriale, di certo non ti sei avvalso di un consulente Marketing. Stessa cosa se hai deciso di aprire il tuo negozio in un punto particolare della tua città, se hai deciso di servire una specifica categoria di persone, se hai deciso di impostare il prezzo di vendita dei tuoi prodotti o servizi a xyz euro.

Ciò significa che questo tipo di competenza è già insita nella maggior parte degli imprenditori. Questa affermazione è ancora più valida per quegli imprenditori che sono a capo di aziende che, nonostante tutto, vanno bene.

Identificare e applicare l’insieme di strategie e tattiche che collaborano in sinergia e convergono su uno o più obiettivi, finalizzati sempre e comunque a generare il maggior profitto per l’azienda, è l’insieme di competenze per ridurre al minimo il rischio.

Le strategie rappresentano gli obiettivi a lungo termine, le tattiche invece quelli a breve e medio termine.

Le strategie e le tattiche si definiscono in base a un’attenta analisi di mercato di riferimento e dell’azienda stessa.

Gli strumenti invece (instagram, facebook, sito web etc.) solo successivamente e in base agli obiettivi strategici da perseguire, che comunque – generalmente – sono sempre gli stessi:

  • Posizionamento aziendale
  • Creazione liste profilate clienti
  • Vendite e fatturato
  • Fidelizzazione clienti
  • Ottimizzazione costi e aumento utili

Per questo NON devi mai confondere il Marketing con l’adozione di uno o più strumenti.

So perfettamente che a causa della scarsa informazione che circola in rete e a causa dei finti professionisti che operano nell’ambito del Marketing, si sta diffondendo l’idea e la concezione che il Marketing sia:

  1. la soluzione definitiva e “più semplice” per uscire dalla crisi o per diventare ricchi;
  2. basta fare il sito internet, aprire la pagina facebook ed è fatta;
  3. creare una landing, fare un “ninja-kung-fu-panda funnel” e fatturare nMila khappah.

Stai attento a questi personaggi! Li riconosci subito perché rientrano in uno o più di questi punti:

  1. amano farsi vedere in automobili/jet privati/ville/appartamenti lussuosi (presi in affitto – chiaramente – appositamente per le riprese video);
  2. si sono trasferiti da poco in qualche superattico di qualche grattacielo;
  3. affermano di custodire l’ultimo dei segreti di fatima grazie al quale hanno triplicato i kappa!

Diffida da questi personaggi semplicemente per 3 motivi:

1. Alcuni di loro hanno avuto “successo” vendendo un info-prodotto a degli opportunity seeker (non a degli imprenditori) fatturando magari cifre importanti, e grazie a ciò, credono che questo successo sia replicabile in ogni settore merceologico, pertanto organizzano corsi in cui ti insegnano sostanzialmente a:

  • Creare un info-prodotto;
  • Creare una landing;
  • Utilizzare software di marketing automation, uno tra tanti clickfunnels.

2. Altri di loro si occupano esclusivamente di erogare corsi di formazione nei quali sono presenti testimonials americani: va di moda infatti chiamare personaggi “importanti” oltreoceano e spacciarli come esperti di non so che cosa. Il format e la procedura è sempre la stessa:

  • Corso base a quattro soldi, per capirne di più devi partecipare al…
  • Corso avanzato che costicchia, dove però potrai avere la fortuna di ascoltare “Devisu Carlos” direttamente dall’America (che poi guarda un po’ questi formatori sono gli unici ad avere l’esclusiva e il mandato per l’Italia), ma se davvero vuoi applicare per bene ciò che ti è stato insegnato devi partecipare a…
  • L’expérience o il corso dei corsi accessibile solo ai sangue blu (con quello che ti tirano ci credo)

3. Producono tonnellate di materiale (in realtà sono sempre e solo gli stessi concetti ma riciclati in altra forma) al fine di spingerti a “studiare” all’infinito e farti sentire perennemente ignorante e incompleto sulla materia… cosicché la tua ignoranza possa alimentare il loro circolo vizioso e mantenere li loro status quo.

La particolarità di questi personaggi è che sostanzialmente:

  1. Non hanno aziende di rilievo o degne di nota nel panorama economico italiano.
  2. Non hanno testimonianze di imprenditori/allievi che dopo aver partecipato ai loro corsi hanno ottenuti risultati significativi che comunque vadano a giustificare appunto i costi dei loro corsi.
  3. Si limitano a dirti cosa devi fare ma non esattamente come lo devi fare: questo perché NON hanno reali casi di studio su cui hanno lavorato.
  4. La maggior parte di loro NON sono dei Marketer: fanno formazione e basta! Non hanno un’agenzia Marketing e non seguono aziende in settori differenti.

Il Marketing è nato in America nei primi anni del novecento, come una nuova filosofia aziendale ed è stata artefice di una grande rivoluzione all’interno delle imprese, che da essere “prodotto-centriche” finalmente iniziarono a porre al centro dell’attività dell’azienda il cliente.

Quindi non esiste nessun segreto, nessuna tecnica esclusiva, nessuna headline e nessun funnel di ultima generazione. I concetti sono sempre gli stessi sin dalla nascita del Marketing stesso e cioè dai primi del novecento. Ciò che realmente dà valore a un Marketer è l’esperienza che lui ha maturato in diversi settori, applicando e testando questi principi. Stop!

2. Evoluzione del Marketing e... della pubblicità.

Come dicevamo il Marketing è nato in America nei primi anni del novecento a supporto delle aziende per aiutarle ad accrescere la notorietà dei loro prodotti, acquisire nuovi clienti e conquistare maggiori quote di mercato, per poi diffondersi come pratica e disciplina in tutto il mondo.

La sua evoluzione nel corso del tempo può essere suddivisa, valutata e raccontata in 3 fasi.
Vediamole insieme.

 

Prima fase 1940 - 1970.

Erano gli anni del dopoguerra (1950), gli anni della industrializzazione e del boom economico: la gente poteva e voleva spendere; in ogni casa c’era un televisore. In Italia, questo periodo, viene definito il ventennio d’oro, il periodo del famoso “miracolo Italiano”. Gli italiani, usciti dagli anni bui della guerra, vengono travolti da un’ondata di euforia; vogliono tornare a sognare, a spendere e a riprendersi tutto ciò di cui erano stati privati.

È qui che il Marketing gioca il suo ruolo fondamentale per mezzo della pubblicità: portare i prodotti delle aziende “dentro” le case della popolazione. Persegue questo obiettivo con una comunicazione prodotto-centrica, cioè incentrata in toto sulle caratteristiche tecniche del prodotto; con una comunicazione uno-a-tanti (le aziende immettevano nel mercato prodotti o servizi creati senza tenere in considerazione le VERE esigenze dei clienti), monodirezionale (dall’azienda verso il cliente) e monocanale (dalla tv, dalla radio o dai giornali).

L’unico obiettivo del Marketing in questa prima fase era far conoscere il prodotto. È il Marketing 1.0.

Ecco di seguito un’esempio di uno spot anni ’60 prodotto-centrico.

 

Seconda fase 1970 - 2000.

Agli inizi degli anni ’70 inizia un nuovo periodo di crisi causato dalla crisi energetica, durante il quale molti governi, furono costretti ad emanare disposizioni volte al drastico contenimento del consumo energetico, in seguito alla crisi petrolifera del 1973.

Il Marketing comprende subito che la gente non ha più bisogno di sentirsi propinare la solita pubblicità di prodotti conditi da ennemila caratteristiche ma, proprio perché nuovamente vittima dell’austerity, ha bisogno di tornare a sognare. Ecco che il Marketing smette di parlare del prodotto e inizia a parlare del cliente. Come? Ascolta il mercato, lo segmenta e targettizza la pubblicità per creare bisogni e, attraverso il prodotto, dare soluzioni a questi bisogni che ha creato.

Quindi come puoi notare, rispetto al ventennio precedente, qui l’obiettivo del Marketing è stato invertito: da parlare solo del prodotto per farlo conoscere, a parlare del target per stimolare un bisogno, fornirgli una soluzione, soddisfarlo e fidelizzarlo. È il Marketing 2.0.

L’austerity non è l’unico evento caratterizzante di questo periodo e che ha influenzato in maniera determinante l’approccio del Marketing nei confronti del mercato. Di fatti, l’avvento di internet, stava per rimescolare le carte in tavola. 

Dal 1993 al 1998 si assiste alla diffusione costante di accessi a internet e in parallelo, la vendita sempre più spinta dei computer. È l’inizio della globalizzazione. È l’inizio dell’era dei Social Media.

I social media hanno permesso alle persone di interconnettersi. L’interconnessione ha permesso di ampliare lo scambio di informazioni e di esperienze dall off all’online. Questo significa che le persone hanno inziato a confrontarsi tra di loro. E le aziende se ne sono accorte, lo hanno capito e hanno cambiato nuovamente l’approccio del Marketing nella pubblicità che diventa racconto di storie (storytelling) per emzionare e coinvolgere il consumatore. 

Finisce l’era del cliente come mero consumatore e inizia l’era del cliente come individuo. Individuo che non ha solo problemi da risolvere o bisogni da soddisfare, ma anche passioni, sogni, emozioni e sentimenti.

Ecco di seguito due esempi di spot pre internet (emozionale) e post avvento di internet cliente-centrico (storytelling).

 

Pre Internet

Post Internet

 

Terza fase 2010 - Presente.

Altro giro altra corsa e… ennesima crisi finanziaria internazionale: quella del 2007-2009. E si sa, crisi vuol dire rischio e opportunità allo stesso momento. E secondo te dove ha il focus il Marketing? Domanda retorica per dirti che, avendolo sulle opportunità, cambia nuovamente il suo approccio nella comunicazione e nella pubblicità introducendo il concetto di Brand.

A differenza degli approcci precedenti, centralizzati sul cosa e il come un’azienda produce e consegna un prodotto al mercato, il Brand “costringe” un’azienda a scendere ancora più in prodondità, setacciando i meandri più nascosti delle nobili intenzioni umane e a farle sue, facendosi pieno carico delle responsabilità del suo operato, giustificando così la sua presenza sul mercato. Oltre al cosa e il come, il Brand, introduce il perché.

È iniziata l’era del Marketing umanistico – che dura ancora oggi – e della responsabilità sociale. Perché un’azienda fa quello che fa? Quali sono i valori che la guidano? Perché gli stakeholder si alzano la mattina per realizzare proprio quel prodotto? Qual è il contributo che apportano al mondo e alla società? 

Il Marketing si è reso conto che il mercato non cerca più prodotti o servizi, ma soluzioni. Si è reso conto che il mercato è sempre più sensibile a questioni delicate come l’inquinamento ambientale, lo spreco alimentare, problemi politici e legati alla disoccupazione. È arrivato il momento di migliorare DAVVERO la vita delle persone. È il Marketing 3.0.

Ogni crisi, volenti o nolenti, ci costringe a riflettere e ci chiama all’azione. E il Brand è la nostra cultura.

Ecco di seguito un’esempio di uno spot recente umano-centrico.

 

3. Come funziona il Marketing e come si appilca.

 

In Italia gli imprenditori faticano a ottenere risultati concreti dal Marketing perché fermi al Marketing 1.0. Cioè non fanno altro che promuoversi bombardando i clienti con informazioni sulle caratteristiche tecniche dei loro prodotti o servizi. E intraprendono questa strada in un mercato sempre più contratto e saturo di concorrenti.

Ne consegue che le persone percepiscono queste aziende come la copia, della copia, della copia di altre aziende paragonandole per proprio per questo solo con un metro di giudizio: il prezzo.

Te lo spiego in maniera più semplice, raccontandoti una storia verosimile e utilizzando come riferimento un settore a noi baresi molto noto, quello del salotto.

Giuseppe, dopo aver lavorato per anni nell’azienda di salotti “Felice e figli Sas.”, e aver “appreso” il mestiere, decide di mettersi in proprio. Decide, dunque, che è arrivato anche per lui il momento di fare il grande salto.

Apre finalmente la sua azienda di salotti di fronte alla “Felice e figli Sas.” e la chiama “Giuseppe & Co. Snc”.

Sì sull’insegna c’è scritto proprio così, il brand per Giuseppe è qualcosa di negativo, lui si deve vantare di essersi messo in proprio, tutti lo devono sapere! (Puoi imparere qui come si crea un Brand di successo).

La “Giuseppe & Co. Snc” si propone sul mercato offrendo gli stessi servizi della “Felice e figli Sas” ma dichiarando più qualità e vendendo ad un prezzo leggermente inferiore.

Così gliela farà vedere a Felice, che lui è meglio!

Dopo qualche tempo, Nicola, un dipendente della “Giuseppe & Co. Snc”, stanco di lavorare per il suo capo, visto che c’è domanda di mercato e considerandosi un imprenditore migliore del suo capo, si licenzia.

Apre di fianco alla “Giuseppe & Co. Snc” e chiama la sua azienda “Nicola Divani Group Holding Srls”.

Visto il nome Holding penserai che l’azienda di Nicola sia un conglomerato di diverse aziende… e invece no! Il termine Holding per Nicola indica che lui è meglio degli altri perché usa l’inglese.

Domanda: secondo te come si è proposto Nicola sul mercato?

Ovviamente con un prodotto per lui più di qualità e ad un prezzo più basso perché tanto i suoi dipendenti li sottopaga!

Semplificando:

 

Prendi questo esempio e applicalo a qualsiasi settore! Sostanzialmente cambierà poco.

La cosa assurda e triste è che si continua a fare le cose alla stessa maniera. Se ci si ostina a “progettare” le aziende in questa maniera, a fare impresa nella stessa maniera, non si arriverà mai da nessuna parte e non c’è Marketing che tenga!

Quindi per questo tipo di imprenditori fare marketing consiste nel:

  • Fare il sito web e qualche sponsorizzata su Facebook;
  • Assumere il nipote, il cugino, lo zio o il fratello di qualcuno che conta, se è politico meglio;
  • “Martellare” il cliente e prenderlo per sfinimento;
  • Acquistare liste mail non profilate;
  • Fare pubblicità SENZA SENSO al cinema o alla radio locale;
  • Tappezzare la città di volantini con informazioni confuse;
  • Fare il mega cartellone “si può fare 7×7 o 8×8? Mhe e fallo più grande il logo”.

Cosa credi accada se si adatta questo tipo di “comportamento” e non si tiene in considerazioe la nascita sempre più frequente di nuove aziende, l’aumento conseguente dell’offerta, la globalizzazione e con essa le aziende Globalizzate? Possono gli imprenditori preoccuparsi solo di rispondere alle aspettative del consumatore e del suo conseguente soddisfacimento attraverso la vendita di determinati beni/servizi indifferenziati? No, non possono.

Ecco perché molti la chiamano crisi, quando invece si tratta di un mercato con NUOVE esigenze. Stop. Finito.

A differenza di questa tipologia di imprenditori che vendono tutto per tutti, le aziende che il Marketing lo sanno applicare, si rivolgono attraverso la loro offerta a un target di persone ben specifico.

Il Marketing è un processo lungo e perpetuo che segue un processo ben preciso e che in alcun caso può essere invertito; inizia nel momento stesso in cui hai l’idea di Business; non può e non deve essere mai interrotto.

Molte persone quando vogliono avviare un’impresa, o iniziare a fare Marketing, non sanno da dove iniziare, o meglio, partono con il presupposto sbagliato, con il porsi le domande sbagliate.

  • È meglio Facebook o Instagram?
  • È meglio il sito o un e-commerce?
  • È meglio risparmiare su A o investire su B?
  • Investo prima nel mio prodotto-servizio/locale/ufficio/salone/punto vendita e solo dopo nella promozione?
  • Se sono bravo a fare xyz allora guadagnerò di più rispetto ai miei concorrenti? I clienti apprezzeranno la qualità del mio lavoro!

Ecco invece come dovrebbero partire, cioè ponendosi le domande corrette:

  • Come si innova un’azienda?
  • Come si fa a ottenere più risultati nel business? Esiste un modo corretto?
  • Perché esistono aziende di successo e aziende che stentano ad ottenere risutalti?
  • Centra davvero la crisi? Come si rilancia un’azienda?

Queste persone pensano che ciò che funzioni off line, funzioni anche on line e viceversa; che ciò che ha funzionato in passato funzioni anche oggi o possa funzionare in futuro; che ciò che funziona per gli altri, funzioni anche per loro.

Tutte queste persone hanno in comune il fatto di operare in assenza totale di valori e obiettivi chiari, descritti, rappresentati, organizzati, pianificati e definiti in un Piano di Marketing.

Ciò che non tengono a mente è che alcune idee imprenditoriali o attività pubblicitarie, funzionano solo in un determinato periodo storico o di tempo, con una determinata categoria o tipologia di target e con imprese con una certa struttura organizzativa alle spalle.

Il successo o il fallimento di un’idea di business dipende in larga misura da una serie insidiosa di fattori, come le capacità, le competenze verticali e orizzontali, i punti di forza e le ambizioni dell’imprenditore, i tempi e le condizioni generali del mercato, la concorrenza e tanti altri fattori…

fattori che non sono – nel 99,99% dei casi – MAI presi in considerazione né dagli imprenditori, né dalle agenzie di web marketing o di comunicazione.

Quindi accade che quando un imprenditore si rivolge a un’agenzia per avviare il suo primo business o per promuovere la sua attuale azienda, il punto di partenza è SEMPRE identificato in uno o più strumenti:

  • facebook e/o instagram (o più in generale i social networks)
  • il sito web o l’ecommerce (o più in generale i social media)
  • il catalogo o i video (o più in generale i materiali di marketing)

Il problema in questo tipo di approccio è che NON è orientato al Marketing, non è Marketing e non ha nulla a che fare con il Marketing. Con questo tipo di approccio tutti questi strumenti vengono realizzati senza tenere conto dei principi e delle fondamenta del Marketing e del business.

Succede allora che l’imprenditore, dopo aver pagato questi professionisti, si ritroverà con una pagina Facebook, o un sito internet, o un catalogo, completamente inutili che non assolveranno in alcun modo ai compiti per cui sono destinati:

  • Social Networks: coltivazione potenziali clienti;
  • Social Media: acquisizione contatti di potenziali clienti;
  • Materiale di Marketing: veicolazione del posizionamento di mercato del brand.

Quando l’imprenditore non vede arrivare risultati decide di rivolgersi a un’altra agenzia, ma così facendo, il ciclo si ripeterà, sprecando un sacco di tempo e di soldi mentre la concorrenza avanza e prendendosi di diritto altre quote di mercato.

Un prodotto/servizio sviluppato e pubblicizzato senza prendere in considerazione le esigenze del mercato e dei clienti, i punti di forza e debolezza dell’azienda stessa e il comportamento d’acquisto dei consumatori, è un prodotto destinato a fallire.

Ma un prodotto/servizio che fatica a collocarsi fuori da internet, perché dovrebbe avere speranze a collocarsi con internet?

Un prodotto/servizio sviluppato con l’approccio “prodotto-centrico” e pubblicizzato con il metodo “strumento-centrico” perché dovrebbe avere speranza nel penetrare il mercato? Semplicemente non ne ha.

Dunque, succede che molti imprenditori cadono in errore nel vedere il web marketing – ma più in generale internet – come l’Eldorado che finalmente gli permetteranno di dare nuova linfa al proprio business.

Peccato che così non è, per 3 semplici motivi:

  • Partire dalla pubblicità è sbagliato (Web Marketing / Social Media Marketing / Etc.);
  • La pubblicità amplifica ciò che un’azienda sta già facendo (nel bene o nel male);
  • La pubblicità è il risultato operativo di un piano di Marketing Strategico.

Il Marketing è un’attività di protezione del business di un imprenditore e di tutte le persone in qualche modo coinvolte (collaboratori, famiglia, fornitori, clienti etc.).

E funziona esattamente in questo ordine logico che, ripeto, non può essere mai invertito:

  1. Mercato.
  2. Swot.
  3. Target.
  4. Competitor.
  5. Strategia comunicativa.
  6. Posizionamento di mercato.
  7. Sales Funnel.
  8. Obiettivi e budget.
  9. Promozione.
  10. Analsi.

Quindi, come si applica il Marketing? Lo vediamo a partire da adesso.

1. Mercato.

Esistono svariate tecniche e strumenti che ti aiutano a trovare un mercato profittevole in cui inserirti. Trovare un mercato vuol dire verificare se esiste domanda per una specifica offerta e se è abbastanza grande da poterne ricavare profitto. Se c’è mercato ha senso piazzare un’offerta, in alternativa è uno spreco di tempo e soldi che si tramuterà in un fallimento totale.

Studiare il mercato ti consente anche di comprendere:

  • di cosa le persone hanno realmente bisogno;
  • quali problemi vogliono risolvere, quali bisogni vogliono soddisfare;
  • perchè non riescono a trovare una soluzione o quali difficoltà stanno vivendo con l’attuale soluzione o fornitore;
  • il contesto di riferimento;
  • cosa sta accadendo nel settore;
  • ingresso o uscita di concorrenti e perché;
  • crescita o decrescita dei clienti e perché;
  • benchmark di settore;
  • costi e ricavi medi.

Parti sempre dal mercato: mercato ➜ modello di business ➜ marketing.

2. Swot.

L’analisi swot ti aiuta a prendere consapevolezza della tua situazione e dello stato del tuo business, a fotografarlo così com’è senza i filtri dell’ego e delle opinioni. 

Identifica i punti di forza e di debolezza che sono fattori interni che possono creare o distruggere valore. Possono comprendere attività, abilità, o risorse che la tua zienda ha a disposizione, paragonate anche a quelle dei suo competitor. Puoi misurarli tramite valutazioni interne oppure benchmarking di settore.

Individua opportunità o minacce che, al contrario, sono fattori esterni incontrollabili per l’azienda: questi al tempo stesso possono comportare la creazione o la distruzione del valore. Tali fattori vengono spesso riassunti con l’abbreviazione “PEST”: fattori politici e legali, economici, sociali e demografici, culturali, tecnologici. Inoltre possono emergere dinamiche competitive dell’industria o dei mercati che possono rappresentare, di volta in volta, opportunità o minacce per la tua azienda.

Cosa devi fare grazie ai risultati di questa analisi:

  • Cerca di sfruttare le aree in cui la tua attività è forte.
  • Tieni d’occhio le minacce.
  • Cerca di migliorare le aree in cui la tua attività è debole.
  • Predisponiti ad accogliere le opportunità del mercato.
  • Agisci d’anticipo e cerca di liberarti delle aree in cui la tua attività è debole, e ci sono minacce in agguato.
  • Prepara il tuo piano di marketing in cui includere obiettivi e tempistiche.

3. Target.

Definisci il segmento di pubblico a cui rivolgerai la tua intera comunicazione commerciale. Parti con il presupposto che se vorrai piacere a tutti, allora sta certo che non piacerai a nessuno.

Puoi identificare il tuo target ideale segmentando:

  • Dati demografici: sesso, età, classe sociale, livello di istruzione etc.
  • Dati sociali: credo politico, religioso, reddito, stato sociale etc.
  • Dati psicologici: deisderi, paure, ansie, passioni, motivazioni etc.
  • Dati di vendita passati;
  • Small data da gestionali e crm.

Decifra il processo di acquisto del tuo target (ne ho parlato in maniera approfondita in questo articolo), cioè scopri come, dove e perché vengono a conoscenza della tua categoria di prodotto; come e dove acquisiscono le informazioni; come le valutano; come confrontano soluzioni di due marche differenti; da quali leve sono mossi all’acquisto. Ricordati che il processo di acquisto si compone delle seguenti fasi:

  1. Riconoscimento del bisogno.
  2. Ricerca delle informazioni.
  3. Valutazione delle alternative.
  4. Acquisto.
  5. Comportamento successivo all’acquisto.

4. Competitor.

I competitor sono una preziosa fonte di informazioni. Se il settore in cui ti appresti ad entrare presenta un alto numero di concorrenti vuol dire che il settore è molto profittevole. Al contrario potrebbe voler dire che non lo è oppure che la tua soluzione è molto innovativa. Se rientri in questo ultimo caso fai attenzione: assicurati di non essere troppo in anticipo rispetto alle reali esigenze di mercato.

Ad ogni modo studia attentamente tutti i tuoi concorrenti cosicché da avere quante più informazioni che ti permetteranno di distinguerti e fare la differenza.

5. Strategia comunicativa.

La strategia comunicativa si rifersce alla modalità con cui dovrai comunicare, quali contenuti produrre e in quali quantità. Tutto dipenderà dalla tipologia del tuo prodotto e di come il target che hai selezionato si approccia ad esso.

Dovrai individuare una serie di caratteristiche psicologiche allo scopo di comprendere e schematizzare il modo in cui il tuo target si rapporta e si comporta nei confronti del mondo e della vita in generale.

Dovrai infatti scoprire le varie tipologie di personalità all’interno del tuo target – le buyer persona – comprendendo come percepiscono le informazioni e come agiscono in seguito all’acquisizione delle stesse.

Ecco di seguito 2 strumenti efficaci che puoi utilizzare per questo scopo:

  • Indicatore di Myers-Briggs (MBTI) che è uno diagramma che descrive le funzioni cognitive di ogni tipo di personalità.
  • La piramide dei bisogni di Maslow che una “scala” di bisogni suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell’individuo) ai più complessi (di carattere sociale). Collocare correttamente in uno o più livelli la tua soluzione ti aiuterà a comprendere le paure del tuo target e quindi quali bisogni soddisfa la tua soluzione o, appunto, quali problemi evita.

Fatto ciò sarai pronto per codificare (infografiche, fotografie, video, articoli di blog etc.) gli argomenti a supporto del tuo prodotto e del tuo posizionamento di mercato, da distribuire su diversi canali (social media, offline, sito internet etc.) identificati durante lo studio del processo di acquisto del tuo target.

Cosa, come e quanto devi argomentare?

  • Se il tuo prodotto richiede un approccio all’acquisto razionale e ad alto coinvolgimento economico o di rischio (come un personal computer di ultima generazione o un software gestioanle ad esempio), ti occuperai di fornire quante più informazioni tecniche possibili al tuo target, rassicurandolo con recensioni, demo e video dimostrativi delle performance al fine di fargli comprendere che l’investimento che si appresta ad affrontare sarà ben ripagato.
  • Se il tuo prodotto richiede un approccio all’acquisto emotivo e ad alto coinvolgimento economico o di rischio (come un appartamento o un abito da sposa ad esempio), dovrai prima cercare di coinvolgere emotivamente il tuo target.

In questi primi due casi il processo di acquisto è abbastanza lungo, di conseguenza l’attività di produzione dei contenuti e di distribuzione sarà più impegnativa.

Invece:

  • Se il tuo prodotto richiede un approccio all’acquisto razionale e a basso coinvolgimento economico o di rischio (come un detersivo o un toner ad esempio), dovrai far comprendere subito al tuo target caratteristiche, prezzo, modalità di acquisto e delivery.
  • Se il tuo prodotto richiede un approccio all’acquisto emotivo e a basso coinvolgimento economico o di rischio (come una pietanza o un capo d’abbigliamento), dovrai mettere il tuo target nelle condizioni di poter soddisfare subito il suo bisogno.

Un conto è comprare un appartamento, un conto un paio di scarpe.

6. Posizionamento di mercato.

Il posizionamento di mercato è il reale motivo che dai ai tuoi clienti di acquistare da te e non dai tuoi concorrenti. Per poter fornire questa motivazione e argomentarla in maniera valida, devi avere un vantaggio competitivo e strategico reale sui tuoi concorrenti.

Un vantaggio competitivo è qualcosa di diverso e migliore rispetto alla concorrenza, o che questa non offre. Un vantaggio strategico è qualcosa che trae origine dalle tue competenze all’interno del tuo business, che per gli altri è molto difficile da copiare.

Queste competenze sono costituite da un insieme unico di risorse, conoscenze, network personali, esperienze o tecnologia.

Il vantaggio strategico deve avere come risultato un vantaggio competitivo.

7. Sales Funnel.

Funnel è diventata probabilmente una delle parole più inflazionate negli ultimi anni in Italia, in tutti i business. Tutti vogliono “fare un Funnel”, solo per il gusto di possederne uno.

La realtà è che:

  1. non basta meramente avere un Funnel.
  2. fare un Funnel senza prima fare una ricerca approfondita sui cardini del business per cui quel Funnel lavorerà, sarà un lavoro inutile e fallimentare.

Il tuo Funnel si presenta alla fine di tutto il viaggio che hai compiuto: hai analizzato i fattori che possono influire sul tuo business, avendo un occhio di riguardo per quelli da cui può derivare un miglioramento e facendo molta attenzione a quelli in grado di minacciarlo.

Solo alla fine di tutta questa analisi arriva il Funnel, che in realtà è un percorso. E segue un percorso.

È un percorso, perché è l’unione di tutte le fasi che il cliente percorre (o potrebbe percorrere) dal momento in cui non ti conosce e non sa nulla di te, fino al momento successivo all’acquisto del tuo prodotto/servizio: quindi, passa per il momento in cui avverte lo stimolo relativo al bisogno che tu risolvi (prevede anche il lancio di stimoli adatti allo scopo), prevede dei modi in cui connetterti con lui in modo da continuare a nutrirlo con i contenuti giusti, anticipa e gestisce il momento in cui farà confronti tra te e altre marche (perché succederà), gli dà una ragione valida per contattarti e presenta modalità per rendere semplice questo contatto. Propone azioni e comunicazioni da effettuare per gestire la delicatissima fase del Buyer Remorse e per finire offre delle tattiche per fare in modo che i clienti si trasformino in referenti, coinvolgendo a loro volta altre persone ad acquistare da te.

In secondo luogo, il Funnel segue un percorso: il percorso d’acquisto del nostro pubblico 🙂 e che tu hai già studiato nella fase 3.

In genere viene rappresentato come un imbuto che a sua volta sta a significare il percorso d’acquisto dei consumatori. Il senso è questo: si immette gente in questo imbuto (con il marketing e la comunicazione) e pian piano questa gente fluisce allegramente e soprattutto spontaneamente (grazie alla semplice “forza di gravità”) lungo tutte le fasi fino ad arrivare all’acquisto.

Ma il mercato non è una favola per bambini ingenui.

I clienti non fluiscono verso l’acquisto: al contrario, si arrampicano e si sforzano di farlo solo se capiscono che ne vale la pena. E la valutazione della convenienza a farlo avviene fase dopo fase, conferma dopo conferma.

Ecco perché la mia concettualizzazione di Funnel è diversa. Mi piace rappresentarlo come una clessidra, una clessidra un po’ anomala: la sabbia in questo caso deve salire invece che scendere. Tu dirai «Ok ma come fa?». Saranno i tuoi sforzi, i tuoi investimenti e la tua motivazione a portarla in cima, alla fine del processo. La forza di gravità, che rappresenta il contesto esterno, di certo non ci aiuterà (anzi).

Per costruire il tuo Funnel dovrai “tradurre” in tattiche e strumenti tutte le fasi del processo di acquisto del tuo target.

8. Obiettivi e budget.

Quando si vuole avviare una nuova attività o si pensa di migliorare l’attività esistente in qualche modo, è probabile che occorra un po’ di denaro liquido, e diventa importante capire quanto.

Quando avvii un’impresa, il budget che preventivi deve consentirti non soltanto di acquistare tutte le apparecchiature, i veicoli, le scorte e tutte le altre voci costose per avviare l’attività, ma anche le diverse spese aggiuntive che ti troverai ad affrontare nei primi mesi. Puoi anche avere bisogno di ulteriori finanziamenti per le spese quotidiane, fino a che la tua impresa non comincia a rendere.

Stesso discorso vale per un business già avviato, anno dopo anno. Anche in questo caso è necessario prevedere un Budget per ogni area aziendale, e monitorarne l’andamento per controllarne la redditività, l’incidenza sul totale dei costi e ogni altro fattore che risulti cruciale a livello economico-finanziario.

Un’oculata gestione delle finanze è essenziale per la sopravvivenza di un’impresa, ma non deve in alcun modo costituire il motivo principale per cui l’azienda esiste. Di conseguenza i costi non dovrebbero essere interpretati come “pesi” o “limiti”, ma sotto la luce di “investimenti”, ossia quella marcia in più che ti permetterà di raggiungere gli obiettivi di crescita che ti poni.

Metti insieme budget delle spese di avviamento e operative. Capisci quali sono gli investimenti che sarà necessario affrontare per crescere e quale sarà la loro incidenza sugli equilibri dell’azienda, facendo anche delle previsioni di crescita. Calcola il tuo break even point mensile, trimestrale, semestrale e annuale e metti per iscritto i tuoi obiettivi a breve, medio e lungo termine, descrivendo per bene le tattiche che ti permetteranno di raggiungerli.

Riepiloga di conseguenza in un documento tutti gli investimenti richiesti per implementare il tuo piano di marketing per raggiungere gli obiettivi di visibilità, di immagine e di vendita prefissati.

9. Promozione.

La promozione è la pubblicità, ciò che si vede dopo il lungo lavoro svolto nelle fasi del Marketing. È la traduzione della promessa stessa del Marketing in un linguaggio affine a quello del target. Per il target.

Per ottenre una promozione efficace e kpi performanti devi conoscere per bene il funzionamento del nostro cervello, che si scompone come di seguito:

  • Cervello rettiliano: è dove risiedono gli istinti primordiali, quelli che si occupano della nostra sopravvivenza.
  • Cervello mammifero: è dove risiedono le nostre emozioni e dove prendiamo davvero le nostre decisioni.
  • Neurocorteccia: è dove risiede la ragione e le nostre facoltà superiori.

La tua comunicazione deve ottenere l’attenzione del target, coinvolgerlo, spingerlo ad acquisire maggiori informazioni, convincerlo ad agire.

Per attirare l’attenzione del tuo target la pubblicità deve stimolare i 3 istinti primordiali:

  1. Sopravvivere: se dobbiamo difenderci da qualcosa il nostro cervello si attiva, per questo si possono sfruttare i volti umani, i colori che suscitano pericolo e ogni cosa dalla quale dobbiamo difenderci.
  2. Riprodurci: tutto ciò che concerne la sfera sessuale attiverà il nostro cervello.
  3. Nutrirsi: che è quello che può essere usato meglio per attirare l’attenzione in quanto ci sono tanti elementi da poter utilizzare; uno dei più forti è quello della lucentezza perché ci ricorda l’acqua e come sappiamo l’acqua è l’elemento principale della vita.

Per le altre fasi invece, a seconda della strategia comunicativa che avrai individuato (fase 5), saprai chi dovranno essere i principali interlocutori (se cervello mammifero, neurocorteccia o entrambi) della tua promozione e comunicazione.

10. Analisi.

Alla “fine” di tutto dovrai occuparti di misurare le performance delle tue azioni e i tuoi risultati. Ricordati che ciò che non è misurabile non è migliorabile e, ciò che non migliora, peggiora. Puoi approfondire questo argomenti in questo articolo.

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